N.B. Per chi non leggesse il file precedente in pdf ecco la versione solo testo, quindi senza immagini:
LEGIO X FRETENSIS
Quando i migliori legionari ‘romani’ erano calabresi…
Recentemente è uscito il remake di Ben Hur, colossal del 1959, che narra una vicenda romanzesca ambientata ai tempi dell’esecuzione di Gesù. Cogliamo l’occasione per parlare di un altro importante aspetto della nostra terra duosiciliana: la Legione X Fretensis. La dittatura dell’informazione ha perfidamente celato tutto quello riconducibile ai nostri avi che non sia oggetto di giudizi di inferiorità. Così si scrive tanto di Roma, , della sua potenza militare, del suo impero sterminato senza far percepire (o percepire…) il fatto che il suo nucleo centrale andava dal Rubicone al Capo Lilibeo, quella comunemente denominata Italia. I confini settentrionali li rimarcò Giulio Cesare quando dalla Gallia Cisalpina ( l’attuale Padania) sfidò il potere che era appunto in Italia, a Roma.
Non ci vuole molto per identificare questo nucleo per la quasi totalità corrispondente a quelli che saranno poi le Due Sicilie. Di conseguenza, tutto ciò che era affidabile e sacro stava nel cuore di quello che sarebbe stato il più grande impero del mondo, compresi i soldati migliori che costituivano le celeberrime legioni romane. Dall’immagine si nota che la LEG X era quella invincibile di Cesare entrata poi nella leggenda anche sotto Ottaviano che la ricostituì (con l’attributo che usiamo) con truppe di quella che sarebbe diventata la provincia di Calabria Ultra I, al comando una ottantina di anni dopo di Ponzio Pilato, nato nel futuro Abruzzo Ultra 1.
Il suo emblema originale è quello della foto.
Senza addentrarci in discorsi religiosi in relazione alla sua attiva partecipazione al supplizio del Redentore (tramite il centurione Quinto Cassio Longino che proveniva dal futuro Abruzzo Citra), ammiriamo due istantanee tratte dal film che mostrano i labari della legione.
Nella prima si legge l’aggettivo fretensis derivante da fretum che significa frattura, stretto e che si abbinava al fretum siculum cioè allo stretto tra Reggio e Messina che ci è tanto caro e familiare.
Nella seconda si intravede l’emblema della legione che è un toro, ma nella prima era un cinghiale (come anche nello stemma precedente) e con Cesare un delfino. Tutti segni rappresentativi ostentati dalla gloriosa LEG X.
Con i legionari calabresi o bruzii, naturalmente c’erano i sanniti, gli osci, i siculi; con l’imperatore Tiberio a Capri e Nerone nei teatri di Neapolis ; la flotta militare a Miliscola e il salotto culturale di Lucullo nell’isolotto di Megaride, quanta parte di Roma era costituita da Napoli?
La nostra grandezza è sicuramente legata splendidamente all’epoca borbonica ma viene altrettanto sicuramente da ben più lontano. Come la LEG X, fiore all’occhiello dell’esercito romano-napolitano.
[V.G.]