E’ nota la prammatica di Carlo VII che conferiva la sovranità al popolo quando il re era assente o incapace. La sua applicazione la si può riscontrare il 25 agosto 1860 a Mileto, sulla strada che sale verso Monteleone (oggi Vibo Valentia).

Dopo i brogli siciliani che avevano consegnato a Garibaldi l’isola, Francesco II non avrebbe dovuto avere più dubbi e esitazioni sui tradimenti per l’imbelle accoglienza degli invasori nel reggino e l’assurdo comportamento della marina militare. Anche se attorniato da doppiogiochisti ritenuti insospettabili (dai parenti al capo di stato maggiore) il giovane re doveva trovare il modo per risollevare il morale dei soldati borbonici mediante la punizione esemplare dei comandanti resisi codardi o collusi con il nemico. Ma il re era per lo meno assente.

Fileno Briganti era stato incredibilmente promosso a generale di brigata di stanza nella Calabria Ultra il 1° agosto, cioè pochi giorni prima dello sbarco dei garibaldeschi. Perfetta macchinazione settaria! Si era dunque comportato secondo le direttive segrete dei suoi benefattori a Napoli lasciando, ad esempio, al suo triste destino i cacciatori di Dusmet. Inoltre, era stato visto incontrarsi con il bandito dei due mondi ed evitare continuamente il contatto tra le truppe regolari e le camice rosse. Ormai tra i Regi che erano stati forzati a rinculare dallo stretto, praticamente senza combattere e senza essere molestati, serpeggiava un grande scoramento. Esso però non dipendeva dalla fortuna avversa o dalla superiorità del nemico. Sempre più nitidamente risaltavano le enormi responsabilità dei generali che erano riusciti a far diventare avversa la fortuna o superiore il nemico. Ciò quasi mai per incapacità o pusillanimità ma per una precisa scelta di interesse personale. Il re dava solo vani messaggi di incitamento e non sapeva risolvere i problemi in  aggravamento; praticamente non si avvertiva la sua tradizionale protezione nei momenti difficili. Dalla tradizione proveniva anche il ricordo della prammatica carolina. Durante l’estenuante e avvilente ritirata verso il capoluogo Monteleone, nei pressi di Mileto, le invettive contro Briganti partono spontanee dalla truppa esasperata. In pochi secondi la spocchia del generale è punita a crescenti colpi di fucile. Il popolo ha fatto giustizia! Con il sangue di qualche sporco traditore (come il gen. Giuseppe Ghio sfuggito per un pelo alla stessa fine) si sarebbe evitato quello purissimo dei tanti soldati e briganti borbonici che ancora dovevano perire. Soprattutto si sarebbe salvato in quel momento il Regno!

 

Il Sanfedista