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SEMPRE IN MILLE SBARCANO A SUD PER DISTRUGGERLO

Le statistiche di questi ultimi anni parlano di circa mille clandestini extracomunitari che sbarcano sulle coste dell’Italia meridionale ogni giorno. Anche se in questi ultimi mesi il numero è in salita, sono oltre 400mila immigrati all’anno che prendono terra dalle nostre parti. Una vera, grande città si materializza subdolamente in mezzo a noi ogni 12 mesi. C’è un ricorso storico di questo numero per noi maledetto: mille, dei mercenari garibaldeschi. Non può quindi portarci bene ma vediamo meglio perché.

Cominciamo ad esaminare la provenienza e le motivazioni di questi viaggi disperati. La maggior parte è originaria dell’Africa, quella centro-settentrionale, comprendendo popolazioni che fuggono dalla miseria, dalla guerra e dalle persecuzioni che gli occidentali hanno ad arte stabilizzato nelle loro terre di conquista economica. Gli stessi, indirettamente, organizzano i viaggi della speranza, scroccando loro qualche migliaio di dollari che grondano sangue e immensi sacrifici. Il tutto è agevolato dalle autorità lungo il percorso sino ai porti dei paesi dell’Atlante da dove salpano quei famosi barconi, insicuri e zeppi sino al limite dell’affondamento per la più completa speculazione. Sempre gli stessi mandanti fissano le destinazioni, per lo più isole o scali siciliani, con graduale allargamento alle altre regioni meridionali.. Non vale la tesi della vicinanza alle coste nord-africane perché soluzioni diverse sono possibile ma oculatamente scartate.

Vogliono che sbarchino proprio nel sud Italia.

Questi disgraziati, uniti all’altra marea difficilmente quantificabile dei migranti dai paesi dell’est Europa, costituisce un vero esercito che si mescola continuamente ai residenti. La loro intenzione è quella di trovare condizioni di vita migliori di quelle che sono costretti a lasciare. L’ideale sarebbero le zone centro-settentrionali o d’oltralpe che hanno un tenore di vita ancora idoneo ad ospitarli e a integrarli; ma solo una parte di costoro riesce a superare il Tronto e il Garigliano. Quello che rimane si ferma tra popolazioni indigene già allo stremo della sopravvivenza per la crisi economica che le attanaglia.

Quali sono i risultati?

Premesso che qui non c’entra assolutamente il razzismo, la xenofobia, l’egoismo, è necessario affrontare un aspetto fondamentale del problema: l’atteggiamento statale.  Uno stato rispettabile, come ogni anno parte dal suo bilancio di previsione per svolgere la sua attività pubblica, dovrebbe programmare egualmente la vita della comunità di cittadini che rappresenta. Non è qui il caso di addentrarsi sulla mole immensa delle sue manchevolezze:  dalla disoccupazione alla sanità, dalla malavita alle sperequazioni territoriali. Però, con questi immigrati, il comportamento è purtroppo il medesimo. Lo stato, di fronte a questi macroproblemi, fa come il proverbiale struzzo che oscurandosi la vista elude il pericolo. Senza tentare nemmeno di risolverli seriamente, li ignora puntando alla loro risoluzione, anche parziale, automatica cioè a prescindere dal suo intervento . In altri termini, se ad esempio i disoccupati sono tanti, non legifera per ridurli drasticamente, aggredendo le vere cause (quasi sempre di derivazione importata) ma si limita a stare alla finestra in maniera che il lavoro nero, l’abbassamento del tenore di vita, la criminalità possano lenirne la tensione. Se 3 giovani su 4 sono senza posto, in questa maniera 1 o 2 di essi si impiegheranno in nero senza diritti e con mercede da fame, oppure vivranno delle briciole familiari, o  talvolta passeranno a procurasi denaro in maniera delinquenziale.

Bello Stato!

Per gli extracomunitari, “a mille a mille”, vi è un accoglienza immediata che dura un periodo brevissimo con risorse e controllo pubblici; successivamente la massa si disperde e praticamente non viene più né aiutata né vigilata. Che accade allora a questi “mille”? Come i disoccupati, costoro devono ogni giorno mangiare, dormire, provvedere alle urgenze della vita. Quando uno stato se ne disinteressa, ogni esigenza sarà soddisfatta a carico della comunità in cui soggiornano. Anche qui lavoro nero (con grande vantaggio degli approfittatori) ma non aiuto familiare (essendo stranieri) se si esclude l’accattonaggio che in qualche modo lo sostituisce. La via illegale per estorcere soldi è quella che riesce a coprire totalmente le loro necessità.

Bello Stato!

La società meridionale, dopo essere stata impoverita da 153 anni di colonizzazione selvaggia centro-settentrionale, deve aggiungere un altro fardello pesantissimo ai suoi doveri coattivi.

Continuiamo a pagare servizi inferiori con tariffe superiori (come per la sanità), a sopportare aggravi territoriali su campi delicati (come i maggiorati tassi bancari assicurativi),   ad alimentare nostro malgrado la malavita organizzata (che impone il racket praticamente a tutti), ad accettare un’emigrazione perenne verso nord e l’estero (che ci dà solo l’illusione di svolgere un lavoro per la volatilizzazione retributiva). A tutto ciò sommiamo il mantenimento dello sterminato e crescente esercito di immigrati di cui sopra i cui addendi sono elemosina (volontaria o forzata), lievitazione ticket locali (per l’ampliamento dei servizi a costoro) , aumento esponenziale di rapine e furti in abitazioni (in perfetto parallelismo con le  loro esigenze quotidiane).

E’ inutile parlare di dovere di accoglienza in una comunità che dimostra da tempo immemore di non essere capace di sopravvivere in questi luoghi perché non riesce nemmeno ad “accogliere” se stessa. Come può un paesino delle Calabrie e della Sicilia adeguatamente ospitare una schiera numerosissima di immigrati (appoggiati dalle istituzioni) quando una schiera altrettanto numerosa di propri figli (nell’indifferenza delle istituzioni) è costretta endemicamente a fuggire per sbarcare il lunario?

Non si tratta di accoglienza, si tratta di sostituzione.

Gli immancabili soloni superficialmente sparano le loro sentenze ridicole con un paragone assolutamente irrazionale: non fecero così  pure gli italiani nell’esodo biblico a cavallo dell’800 e 900? Forse le cause sono simili e probabilmente anche le modalità, ma in America nessuno andò a subentrare ai nativi, si fuse con loro in una terra poco popolata e piena di risorse non sfruttate.

Qui siamo in una terra che non nutre neanche i suoi abitanti, da 150 anni a questa parte.

Pertanto non saremo mai in grado di integrarci con questo fiume di persone che si riversa su di noi. L’automatismo che piace a questa nazione matrigna aspetta il rimpiazzo degli extracomunitari ai meridionali.

Non v’è alternativa.

Le istituzioni intervengono pesantemente per favorire questo scempio.

Spetta a noi adesso scegliere se continuare a stare nella terra dei nostri padri (che un tempo si fecero scannare a centinaia di migliaia per difenderla) o lasciarla a chi non la conosce, non la ama e quindi non la tutelerà mai con grande sollievo degli speculatori che potranno serenamente e proficuamente proseguire a sfruttarla in primis con l’ avvelenmento con i rifiuti industriali del nord.

Quello che speriamo rimanga di questa riflessione non deve essere assolutamente un sentimento ostile verso questi miseri migranti, perché esso attiene ai mandanti. Deve invece essere una presa d’atto fondamentale.

Ogni nuovo arrivato sarà irrevocabilmente nostro ospite, volenti o nolenti.

Dobbiamo dargli alloggio, vestiti, cibo e contorni.

Altrimenti se li prenderà da solo.

Tanto questi sventurati non periranno di stenti e le autorità né li aiuteranno, né li fermeranno. Non illudiamoci più che il problema non ci riguarda personalmente. Prima o poi (ma a breve) toccherà anche chi sta leggendo perché “i mille e mille” che i mass media quotidianamente ci ricordano sono come una macchia d’olio che si spanderà in tutta l’area in cui noi viviamo.

“Mille” parola letale per l’attuale Mezzogiorno d’Italia. Ma bisogna ributtarli a mare come andava fatto con le camicie rosse? No! Bisogna esautorare, con tutti gli esistenti strumenti legislativi interni ed esterni, quelli che li conducono sin qui per la nostra completa rovina. Mobilitiamoci per quest’altro enorme assillo che ci consuma e la soluzione verrà di conseguenza al di là delle remore e dello scetticismo che ci pervade da 153 anni.

V.G.