Questo è il legittimo Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud (marchio registrato) fondato dal riconosciuto coordinatore nazionale del parlamento, Vincenzo Gulì (direttore responsabile di questo sito web). Esso è aperto trasversalmente a tutti coloro che amano il Sud e che intendono collaborare al suo riscatto ormai imprescindibile; qui è un luogo virtuale di civile discussione e costante aggregazione ma è anche un reale organismo, punto di riferimento non solo culturale degli odierni meridionali, su progetto dell’Associazione Culturale Neo Borbonici Attivisti, piazza Mercato 45, 80133 Napoli.
OCCORRE UN PROGETTO COMUNE
di Giovanni Maduli e Vincenzo Gulì
Come si sa la galassia meridionalista è costituita da un cospicuo numero di partiti e movimenti che, ognuno a suo modo, porta avanti la lotta per il riconoscimento della verità storica relativa al Regno delle Due Sicilie, alla sua aggressione, annessione e colonizzazione. C’è chi si impegna nella divulgazione storica attraverso incontri e convegni, chi preferisce organizzare mostre, chi scrive libri e c’è chi fa riscorso a spettacoli teatrali o musicali o addirittura alla poesia. E ognuno svolge egregiamente il suo ruolo con passione ed abnegazione; non è raro imbattersi ad esempio in poesie o canti particolarmente toccanti, oppure in video o spettacoli teatrali che ci segnano profondamente dentro e riescono suscitare in chi vi assiste un ritrovato e sincero orgoglio meridionale.
Eppure sembra che nonostante gli sforzi profusi ormai da anni il mondo meridionale non riesca a trovare un denominatore comune, una linea unitaria che riesca a convogliare i tanti e varii impegni in una unica grande forza in grado di far sentire alta e forte la sua voce; anzi, con tristezza, si deve assistere quasi ad una rivalità fra i varii gruppi e movimenti. Questo può forse essere dovuto al desiderio di qualcuno di voler primeggiare o dominare o, peggio, alla convinzione che solo qualcuno pensa di sentirsi, e quindi ritenersi, l’unico alfiere abilitato alla riaffermazione della verità e delle istanze meridionali. Niente di più errato. Non crediamo che esistano o possano esistere “eletti” che possano vantare di avere maggior diritto di altri a riaffermare le Nostre volontà e le Nostre aspirazioni; volontà e aspirazioni che, si badi bene, sono di tutto un popolo e quindi non possono essere delegate ad alcuno, chiunque esso sia.
Ma, al di là di quanto sopra, bisogna registrare la diversità di matrice culturale e politica di provenienza dei vari gruppi o partiti; c’è chi proviene dalla destra, chi dalla sinistra, chi dal centro, chi è credente e chi non lo è. E questo non sarebbe un problema da poco in quanto la diversità delle matrici culturali di appartenenza non potrebbe che porre, in apparenza, serie ipoteche sulla creazione di quella necessaria unità cui si faceva riferimento; anche se, come vedremo meglio in seguito, questo è in realtà un falso problema. Ad esempio, si pensa che chi ha una visione trascendentale della vita avrà comunque difficoltà ad individuare elementi di condivisione con chi credente non è; e chi proviene da una cultura di sinistra, allo stesso modo, avrà difficoltà a pervenire a quella stessa condivisione di vedute alle quali si faceva riferimento; e viceversa. Ma, come si accennava dianzi, questo è un falso problema; un problema che è stato subdolamente imposto non solo a noi, ma ai popoli tutti, proprio in quell’ottica del “Divide et impera” di romana memoria. Se per un momento si prova a tralasciare le ideologie e le credenze, ci si renderà subito conto di alcune assurdità alle quali determinate credenze ed ideologie ci hanno condotto fuorviandoci e facendoci individuare un nemico laddove magari non c’era. E’ ampiamente riconosciuto, ad esempio, che i valori di solidarietà sono valori tipici della sinistra; ma perché, chi ha stabilito che un cittadino di destra non possa portare sincera solidarietà verso chi ne abbisogna? E viceversa, ancora ad esempio, si pensa in genere che il sentimento di amor patrio sia un valore tipicamente di destra; ma perché, domandiamo, un cittadino di sinistra non può amare la propria patria? E potremmo continuare all’infinito.
Eppure il problema potrebbe essere risolvibile laddove ci si rendesse conto che di fatto queste distinzioni non hanno più alcun senso se rapportate alla vita reale. Le ideologie, se ancora esistono, sono ormai gioco forza relegate nei cuori di coloro che vi hanno in buona fede aderito e non trovano più alcun riscontro nel quotidiano. Si assiste infatti agli atti di una sinistra, ad esempio, che lungi dall’evidenziare una vera opposizione si allea invece col potere finanziario dominante fingendo però di litigarvi quotidianamente. Oggi destra e sinistra, o almeno le frange meno estreme di questi movimenti, sono di fatto alleate nel sostenere un governo che ha tutti gli interessi tranne che quelli del popolo che vorrebbe governare. E il popolo, i cittadini, sono di fatto lasciati soli e per di più si continua spudoratamente a raggirarli indicendo finte elezioni che, indipendentemente dal risultato, non sposteranno di una virgola quelli che sono i tristi indirizzi che la classe dominante ha deciso di intraprendere nel suo esclusivo interesse. La questione della TAV ne è un classico esempio. Ecco che allora continuare a dividersi fra simpatizzanti di destra o di sinistra o di centro non ha più alcun senso, nessun significato. Anzi, di più: come ha esemplarmente scritto Costanzo Preve in un suo recente articolo pubblicato per il blog Comedonchisciotte.org, “… In questa situazione, il mantenimento della dicotomia Destra/Sinistra non è più soltanto un errore teorico. È potenzialmente un crimine politico…“( http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9984 ).
Se si fanno proprie le considerazioni sopra esposte, non può non convenirsi che è necessario ritrovare altri paradigmi ed altre coordinate; un denominatore comune che accomuni tutti i cittadini armati di buona volontà e desiderosi, innanzi tutto, di riappropriarsi di quella libertà e di quella democrazia che ci sono state scippate.
Ma in ogni caso non si può sottacere o sottovalutare che quei condizionamenti dovuti alle diverse matrici politico – culturali di provenienza potrebbero comunque porsi come ostacolo alla individuazione di quei nuovi paradigmi e di quelle nuove coordinate ormai da molti ritenute ineludibili.
Il superamento della possibile empasse potrebbe però raggiungersi ricercando non similitudini di matrice politico – culturale, bensì degli obiettivi pratici e concreti; obiettivi relativi alla individuazione di problematiche e relative soluzioni in chiave pratica e sociale ma non teorica; obiettivi che certo porterebbero comunque in sé i germi che facevano capo a quelle ideologie che è necessario superare, ma depurati di quelle mistificazioni e di quelle fumosità che, in concreto, creavano una contrapposizione anche laddove contrapposizione non c’era o non aveva motivo di esserci. Individuando così un problema e discutendo sulle sue possibili soluzioni ognuno, indipendentemente dalle proprie precedenti convinzioni, apporterebbe il suo contributo concreto e fattivo volto alla risoluzione del problema specifico individuato, senza per questo doversi scontrare o confrontare con inutili quanto fuorvianti, come abbiamo visto, risvolti ideologici.
Il problema a questo punto non è più “da chi” viene la proposta, ma quale sia, a parere della maggioranza, la proposta migliore per la risoluzione del problema.
Ecco che allora non può che auspicarsi una ampia collaborazione di quanti vorranno collaborare nella individuazione di singoli problemi specifici e di mirate soluzioni, restando lontani da falsi e svianti preconcetti che sino ad oggi non hanno fatto altro che dividere chi invece deve restare unito: l’odierno popolo meridionale, erede di quello duosiciliano.
Ma ancora la questione non potrebbe dirsi risolta in quanto si porrebbe il problema della leadership.
Chi dovrebbe guidare una coalizione come sopra paventata? Chi ne avrà il diritto? E a che titolo? Posto che gli interessati apparterrebbero per la maggior parte a gruppi precostituiti, il numero dei costituenti di tali gruppi avrebbe un peso nella individuazione di un gruppo guida? Tali domande non sono peregrine per varie ragioni. Intanto c’è chi per anni, se non per decenni, ha dedicato energie, fatiche, spese e quant’altro nella lotta per la riaffermazione delle istanze meridionaliste e non può pretendersi che costui o costoro cedano il passo a chi magari solo da pochi anni o da pochi mesi si dedica a tali questioni. D’altro canto non è detto che chi si sia avvicinato al mondo meridionalista solo da un tempo relativamente breve non sia invece in grado di fornire soluzioni o idee a parere della maggioranza migliori. Ancora, non è detto che un gruppo con maggior numero di iscritti abbia, solo per questo, maggior diritto di chi invece aderisce ad un gruppo numericamente inferiore. Evidentemente non è prendendo in considerazione i parametri sopra descritti che si può pervenire ad una scelta saggia ed oculata.
Ma ancora siamo dinanzi ad un falso problema.
Ormai la politica rappresentativa ha fatto il suo tempo. Non è più il tempo di qualcuno che rappresenti qualcun altro. Se davvero si vuole portare avanti una idea comune meridionale e soprattutto, se davvero ci si vuole riappropriare della democrazia, cioè della “cosa pubblica”, è necessario che questa “cosa” sia effettivamente pubblica, cioè di tutti; cioè tutti devono, se lo desiderano, potervi accedere e partecipare. Potrebbe allora essere utile la creazione di un qualcosa che si ponga non come figura o istituzione guida, ma come semplice collettore di idee ed iniziative; un qualcosa che dovrebbe avere il solo scopo di porsi come “garante” della credibilità e della uniformità di intenti dei singoli che, liberamente, vorranno cimentarsi localmente nella vita politica del proprio distretto di appartenenza.
Una tale istituzione, ovviamente, non potrebbe essere denominata con nessuna delle sigle identificative dei varii gruppi o movimenti esistenti che aderissero all’iniziativa e, al suo interno, dovrebbe garantire a tutti i gruppi partecipanti pari peso e pari dignità nell’assunzione di decisioni o iniziative, indipendentemente dal numero dei componenti dei varii gruppi.
Questo è il progetto che il Parlamento delle Due Sicilie si propone di realizzare: la creazione di una entità che realizzi su tutto il territorio meridionale quella unione di intenti che è ormai impossibile procrastinare oltre e che non ha praticamente alternative.
Questo parlamento sarà un luogo niente affatto virtuale in cui tutti coloro che amano sinceramente il Sud sono i ben accetti. Le Due Sicilie sono soltanto il riferimento storico di uno stato all’avanguardia della civiltà che non si vuole a priori ripristinare o riproporre in virtù di quanto sopra detto per quanto concerne le diversità delle anime meridionalistiche. Tutte le interpretazioni di regimi, sistemi politici e forme di governo devono essere posti in par condicio in maniera da far scaturire dal confronto serrato e civile, degno dei discendenti della Magna Grecia, qualsiasi soluzione ai problemi post-unitari del cosiddetto Mezzogiorno.
Come ogni assise formale, anche il Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud
esprimerà una maggioranza che determinerà la sua connotazione per consentire nel modo più pronto ed efficace di intervenire per il riscatto del Sud. L’obiettivo immediato è diventare un gruppo di opinione che abbracci tutti i campi e che sia una riferimento per i meridionali e un pungolo per le istituzioni. Solo in tal modo il Sud cresce veramente e si prepara al suo nuovo futuro.
LA VERITA’ SUI NEOBORBONICI
Cari compatrioti,
solo per fare chiarezza nel variegato mondo neoborbonico vi mando alcune mie considerazioni frutto degli avvenimenti recentemente accaduti.
Il Movimento Neoborbonico è stato fondato nel lontano 1993 da nove firmatari di cui, da svariati anni, solo due rimanenti e ancora disposti a dare tempo e risorse alla grande causa del riscatto del Sud. I due sono lo scrivente e Gennaro De Crescenzo, che sino a pochi mesi or sono occupavano legittimamente le cariche più alte dell’associazione.
I neoborbonici sono in questo ventennio diventati il punto di riferimento dell’orgoglio meridionale per le molteplici attività svolte. Esse si possono sostanzialmente ridurre a due categorie: da una parte gli studi, le ricerche, le pubblicazioni, i convegni attraverso i quali è stata diffusa la vera storia tra appassionati, più o meno forti, della materia; dall’altro gli interventi esterni al mondo degli appassionati, consistenti in manifestazioni, volantinaggi, contestazioni alle menzogne che da 150 anni la cultura ufficiale propaganda. Mentre nella prima categoria c’è stata sempre unità d’intenti, nella seconda, una parte dei neoborbonici ha costantemente tenuto una condotta sempre più critica fino a diventare chiaramente ostile.
Non credo che sia necessario soffermarsi molto sul fatto che se al pensiero (prima categoria) non segue l’azione (seconda categoria) gli obiettivi conclamati dall’associazione di tutelare gli interessi del Sud, non saranno mai raggiunti. Infatti alcuni dirigenti interni ripetutamente affermano che si sta seminando per il futuro, intendendo così che saranno i posteri eventualmente ad agire dopo che i pionieri odierni hanno delineato le problematiche del Mezzogiorno d’Italia.
Da riflettere che nella prima categoria ci si muove in ambienti di buon livello culturale, sovente con l’aiuto materiale delle istituzioni, con possibilità addirittura di ricavare ritorni non solo morali da prodotti editoriali o gadget. Nella seconda, invece, ci si ritrova in qualsiasi ambiente con rischi di inimicarsi le istituzioni e quindi di pregiudicare i vantaggi economici dell’attività culturale. Ma solo un cieco non s’accorge che soltanto in quest’ultimo modo è possibile allargare l’area della verità storica a quelli che la ignorano o la sottovalutano completamente. Ecco perché le autorità costituite tollerano o agevolano la prima categoria mentre aborrono la seconda. Attraverso di essa, infatti, inizia il riscatto concreto dei popoli del Sud…
Da una parte, si ripete, i censori e gli inibitori dell’azione; dall’altra gli intransigenti fautori anche della propaganda esterna rivolta a tutti i meridionali, anche a quelli che non si sognerebbero mai di andare a sentire una conferenza sui Borbone e che non comprerebbero mai un libro di storia.
E’ da questo insanabile contrasto che nell’autunno scorso De Crescenzo ha riunito quelli che la pensavano come lui per allontanare formalmente me e gli altri che ritenevano inscindibili l’azione ed il pensiero. Diventa opinabile, ed è oggetto di esame giudiziale, la liceità della delibera presa dall’associazione, l’unanimità della stessa, l’omessa valutazione di una lettera di molti delegati che chiedevano di trovare un accordo, la conseguente falsità sull’isolamento dello scrivente che avrebbe avuto contro tutta l’associazione (e quelli che stanno lui? E i delegati che miravano alla pacificazione?), l’indebita appropriazione di tutto quanto lo scrivente ha contribuito fortemente a costruire in questi vent’anni e che altri venuti da pochissimo stanno utilizzando e godendo senza alcuno scrupolo. Quel che qui preme sottolineare è che il vero estromesso dall’associazione neoborbonica è l’attivismo. Ma esso continuerà imperterrito la sua opera per il riscatto del Sud attraverso lo scrivente e i tanti neoborbonici, vecchi e nuovi, che si stanno riunendo dagli Abruzzi alla Sicilia, con in aggiunta la massiccia partecipazione dei nostri fratelli all’estero.
Nel moderno mondo borbonico i neoborbonici hanno rappresentato una novità vincente esclusivamente per il costante impegno nel campo del pensiero e dell’azione, proprio come i vetero borbonici si sono caratterizzati per la carenza nell’azione. Voler accusare quelli che sono attivisti di operare contro l’associazione neoborbonica, è una chiaro tradimento degli ideali e degli scopi che l’hanno fatta nascere e prosperare.
Tutto quanto espresso sarà convincente se i fatti lo confermeranno e ogni persona senza pregiudizi lo potrà facilmente constatare fino ad optare se stare o meno con chi ha dei confini pregiudiziali alle proprie mete. Ormai son capaci in parecchi di fare un comunicato stampa a generica e spesso demagogica difesa del Sud o dire quattro parole sui briganti tra quelli che vogliono saperne di più. Quando si risveglieranno i “forconi” o gli operai di Castellammare di Stabia e di Termini Imerese saranno privati della sussistenza vedremo quanti riusciranno invece a interagire con loro. Il riscatto del Sud non può limitarsi a magnificare Re Ferdinando ma si concretizza dando un senso, un orgoglio e una speranza ai suoi ex sudditi confusi e dispersi nel terzo millennio.
Ho sempre sentito da ogni parte l’invito a serrare le fila e lottare uniti per il nostro Sud. Ebbene, i personaggi a cui prima si accennava hanno consapevolmente voluto la più profonda spaccatura senza nessun valido motivo, né eticamente né giuridicamente rilevante, nonostante ogni tentativo fatto per scongiurarla. Ed ancora si spacciano per paladini del meridionalismo, ancora illudono quanti con cuore sincero li incontrano. L’ipocrisia, forza che annientò il Regno nel 1861, è stavolta presente anche tra quelli che si dicono filo-borbonici! Così si disperdono risorse umane e materiali e soprattutto tempo. Quello che il Sud non ha più per salvarsi dalla totale rovina. Pensate a tutto ciò quando entrerete in contatto con loro per qualsiasi motivo. Bisogna sapere la verità sempre per fare le scelte giuste ed appropriate; ciò non per il bene personale ma per quello della nostra Patria delle Due Sicilie che esige coraggio e determinazione come non mai.
Vincenzo Gulì
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