Esequie Lavezzi è passato ormai irrimediabilmente al PSG secondo una notizia da mesi sparata su tutti i giornali e fedelmente verificatasi. Da vecchio tifoso e frequentatore del San Paolo esprimo le mie considerazioni critiche partendo dal contrasto evidente tra l’amore reciproco tra Napoli e il Pocho e l’avvenuta separazione. I media hanno costantemente riportato per il giocatore l’esistenza della clausola rescissoria di 30,8 mln di euro che consentiva al di infrangere il legame con il Napoli, l’insofferenza sua e della sua compagna alla soffocante pressione dei tifo partenopeo, la possibilità di guadagnare molto di più altrove nel momento massimo della carriera, la limitata capacità di segnare gol in una squadra di grosse ambizioni. Secondo tale logica informativa, Lavezzi ha vagliato con il suo procuratore serie possibilità di cambiare casacca per suo esclusivo vantaggio dimostrando così molto tiepido l’attaccamento alla maglia azzurra. Questa presunta dichiarazione di egoismo aggiunta alla critica sulle sue prestazioni tecnico-realizzative ha creato un misto di ripulsa e rabbia nei tifosi, già esploso nell’ultima partita casalinga e che adesso dilaga in ogni dove. In altre parole, meno male che se n’è andato un mercenario falsamente legato a Napoli e al Napoli e che non poteva dare di più alla squadra, specialmente per il calo per l’età del suo famoso scatto in velocità. Anzi, alcuni “sapientoni” sentenziano che aveva procurato grossi problemi tattici al Napoli che senza di lui troverà più equilibrio e risultati positivi anche nel caso di non sostituzione con un calciatore di simile valore.
Conoscendo bene le strategie mediatiche, faccio adesso un altro ragionamento sulla base di quanto seguito attentamente in tutti i 5 anni di ingaggio del Pocho. Sin dall’inizio Lavezzi si è dichiarato sinceramente onorato di venire nella squadra del grande Maradona (fatto comune a tutti gli argentini) proprio per l’affetto e la vicinanza della tifoseria più appassionata del mondo: addirittura Diego affermò che per questi motivi uno scudetto a Napoli era per lui (argentino) più importante del mondiale all’Argentina! La rinascita del Napoli forzatamente si è dovuta basare sui giovani e, conseguentemente, non c’è mai stato in questo periodo un leader capace di sorreggere i compagni nei momenti difficili. Per questa ragione si sono perse tante occasioni soprattutto in questi ultimi tre anni. Tra voci di spogliatoio, dichiarazioni alla stampa e comportamento in campo quasi sempre si rileva un totale disaccordo che va analizzato. Nello spogliatoio c’è quello che veramente accade nella squadra; alla stampa si riporta quello che conviene riportare per il controllo della proprietà; in campo c’è la manifestazione con i fatti di quanto pensato ed esternato, pubblicamente o meno. Un bravo giornalista dovrebbe avvicinarsi alla verità senza pregiudizi e senza posa nella ricerca. Più o meno è stato detto quanto scritto sui giornali e, naturalmente, non si conoscono i segreti ragionamenti nello “spogliatoio”. Che cosa ha fatto intuire allora il campo? Oltre al fatto conclamato continuamente che Lavezzi era colui capace di fare la differenza e di scardinare le difese più arcigne (l’abbiamo visto anche nella finale di Coppa Italia…) è successo qualcosa’altro specialmente durante lo scorso campionato e l’avventura splendida in Champions che forse a molti è sfuggito. Gradualmente il Pocho si è convinto di essere il vero leader del Napoli. Nonostante i gol falliti e quelli a raffica segnati da Cavani, in tutti c’era praticamente il sentore che il Napoli fosse Lavezzi-dipendente. Probabilmente anche nell’affare Quagliarella ci fu il suo zampino tanto per dimostrare come si poteva orientare un gruppo. Tornando a quanto emergente fuori dello spogliatoio e al di là della stampa, in campo Lavezzi non era diventato solo il riferimento nei momenti tosti delle gare, ma molto spesso lo si è notato avvicinare i suoi compagni per spronarli soprattutto prima del fischio d’inizio. Si è sempre detto che il vero capo si distingue sul campo di battaglia, così è avvenuto lo scorso campionato per il Pocho. Ovviamente la leadership comporta una serie di interventi individuali fatti di suggerimenti, consigli, rimbrotti, commenti a caldo che si possono solo immaginare anche se tante volte lo abbiamo visto arrabbiarsi più degli altri in qualche circostanza importante, segnatamente per le scelte opinabili dei direttori di gara. E’ parimenti ovvio che il leader non nominato ma, come sembra, auto –proposto, non vada bene a tutti perché i più permalosi male digeriscono le sue esternazioni, specialmente se accoppiate a suoi errori durante la partita… In fondo, penseranno questi intolleranti, senza di lui saremmo più tranquilli senza essere costretti a dare il massimo o ad essere accusati di non averlo fatto. Non spetta ai dirigenti societari una tale vigilanza? Si arriva così alla fatidica partita Lazio-Napoli in cui i partenopei si giocano l’accesso in Champions, troppe volte già compromesso per un campionato altalenante. Lì il Napoli perde di brutto e vede praticamente sfumata la riconferma in quella competizione internazionale in cui si era fatto onore e che, per risonanza mediatica e premi, è fondamentale per ogni professionista ambizioso. Ora qualcosa anche la stampa riferisce per una lite nel post-partita con Lavezzi pubblico accusatore e l’allineamento di quasi tutti gli altri dietro le comode posizioni sostenute da presidenza e giornali: la stagione si può salvare con la Coppa Italia, la Champions la riprenderemo l’anno prossimo quando punteremo addirittura allo scudetto. Nulla invece per biasimare il comportamento di qualcuno che palesemente ha tirato il fiato pur pretendendo di giocare causando la débacle, il che si ripeterà nell’ultimissima chance proposta dal destino successivamente a Bologna con esito egualmente e definitivamente negativo. L’importanza della Champions e la sequela di occasioni propizie fallite (come l’assurda partita di ritorno con il Chelsea) ha dimostrato che allo zoccolo duro (maggioranza del gruppo) ciò è accettabile semplicemente perché dirigenza e mass media dicono analogamente. Che vuole dunque questo Pocho che da novello Masaniello si agita per portare il Napoli il più in alto possibile con i limitati mezzi a disposizione? A questo establishment sta bene che il Napoli abbia vinto dopo tanti anni la Coppa Italia, presenti un bilancio in attivo (cosa positiva in generale ma anomala in tutto il calcio mondiale), voglia gareggiare con i club più potenti con mentalità e risorse diverse (che storicamente non hanno mai prodotto vittorie). Conclusione Lavezzi se ne può andare con tutte le motivazioni viste prima. A chi è venuto in mente che la clausola era stata posta per fare alla sua partenza l’affarone (per la plusvalenza) della nuova gestione? A chi che la notorietà è una sorta di droga a cui nessuno rinuncia (la sua compagna era stata vista nel settore dei tifosi azzurri…)? A chi che un ritocco dell’ingaggio (secondo gli equi valori di mercato) poteva fermare ogni appetito esterno? A chi che se aveva perso un po’ di smalto, aveva invece guadagnato in esperienza in assist e, addirittura, sotto rete?
Nessuno ha fatto un discorso di questo genere e tutti pronti a chiamarlo traditore (ma non è andato in altra squadra italiana…), mercenario e falso amico dei Napoletani.
Il distacco per me è dolorosissimo, come per tanti altri, non tanto per la sua perdita nella squadra (che vedrete non sarà rimpiazzata degnamente) quanto per il significato della vittoria dello zoccolo duro che agogna di vivere un’altra stagione con poche infamie poche lodi tanto per prendersi la lautissima pagnotta con l’assenza di critiche incisive. Queste le dovrebbero fare i supporter ma la stampa li rabbonirà e disattiverà quasi completamente. Chi riporta le notizie le colora irresistibilmente grazie all’autorevolezza e all’oligopolio. Ciò anche se lascia dubbi e fatti inspiegati, basta per l’opinione pubblica. Ma l’altra faccia delle notizie comunque può essere svelata e non rappresenta un capriccio dialettico quanto l’unica possibilità di elevare la squadra del Napoli a livello planetario per i suoi sostenitori che stanno in ogni dove e che inconsciamente ritrovano in essa la loro identità perduta. E’ un giocattolo troppo importante che la proprietà si ritrova tra le mani. Che lo usi meglio altrimenti potrebbe anche vederselo sfilare da chi ha più determinazione, più coraggio, più libertà, più conoscenze storiche, più amore per la città più bella del mondo.
Vincenzo Gulì