Note introduttive per 1799
a San Giorgio a Cremano
Premessa: nel 1799 nel regno di Napoli non vi fu rivoluzione e quindi contrasto tra diverse fazioni. Basta riferirsi ai repubblicani processati per alto tradimento dopo il ritorno del re. Su circa sette milioni di abitanti dei territori napolitani sono imprigionati solo ottomila, con una percentuale risibile dello 0,11% . quindi una élite, quasi tutti aristocratici e intellettuali, assolutamente staccata dal popolo. Le loro motivazioni non erano ideali, perché non misero mai in pratica le belle parole sovente usate, ma semplicemente legate al proprio tornaconto se si considera la politica borbonica che nei fatti privilegiava le classe meno abbienti spesso scontrandosi direttamente con questa élite.
Nei sei mesi della Repubblica Partenopea, sotto il controllo francese, accaddero violenze di ogni tipo dalla sua nascita, con l’invasione del gen. Championnet, a gennaio sino alla sua caduta, con la riconquista dell’esercito sanfedista, il 13 giugno.
I giacobini, come vollero essere definiti questi servitori dei francesi, avevano in mano, tramite la Massoneria ispiratrice d’ogni rivoluzione, i maggiori mezzi d’informazione e sapevano quindi ben usare l’arma terribile della manipolazione delle opinioni. Non è pertanto sorprendente che le brutalità da costoro subite siano immediatamente divulgate, e sovente gonfiate, nello spazio (in tutta Europa) e nel tempo (sino ai nostri giorni…); mentre quelle da essi perpetrate siano dimenticate, contenute, celate in quantità e qualità.
Tutti di conseguenza sanno dei famosi circa cento “martiri del ‘99” condannati a morte dalla Giunta di Stato di re Ferdinando IV (anche qui una percentuale ancor più ridotta dello 0,012%) con dovizia di particolari anche raccapriccianti, targhe e monumenti postumi, fiumi di inchiostro atti ad esaltarli con lauti finanziamenti pubblici.
Quanti, invece, conoscono il numero, i nomi, i supplizi dei loro avversari? Solo una cerchia di specialisti della storia è in grado di rispondere. La comune istruzione infatti si basa su libri e documenti che i successori dei giacobini hanno imposto con la potenza inaudita dei loro mandanti.
Ma la verità storica non può essere totalmente distorta, né le sue menzogne alternative spacciate per sempre come intoccabili. Tra gli studiosi di ambo le parti nessuno contesta il numero degli abitanti della capitale trucidati all’entrata dei francesi a gennaio, almeno diecimila che però non furono solo vittime dell’esercito transalpino perché i traditori locali dettero un aiuto fondamentale con l’artiglieria di Santelmo caduta in loro mano. Centinaia furono colpiti dalle bombe del forte e migliaia subirono le tristi conseguenze dello sfondamento a Porta Capuana e Porta San Gennaro: ritorsioni atroci contro i civili delle case circostanti, comprese donne, vecchi e bambini!
I tribunali funzionarono a pieno ritmo durante i sei mesi dell’effimero stato fantoccio contro i cosiddetti nemici della repubblica perché scoperti o meramente supposti essere filo borbonici, con decine e decine di esecuzioni capitali, mediante mezzi diversi quali la forca, la mannaia, le fucilazioni. Memorabile quella dei fratelli Baccher negli ultimi giorni della repubblica causata da Luisa Sanfelice per ragioni di alcova.
Tuttavia le più efferate violenze avvennero fuori della capitale dove il popolo in perenne tumulto attendeva il card. Ruffo e la su armata di liberazione. Partì allora una rappresaglia per imporre il rispetto della repubblica con in terrore. Nella primavera tra i Principati, le Puglie e gli Abruzzi accaddero fatti terribili. Traditori blasonati, come il conte Ettore Carafa, assieme ai Francesi e sottoposti coartati mettono a ferro e fuoco interi paesi come Andria, Bari, Ortona, Lucera, Cerignola, S. Severo, Ortona, Guardiagrele, Mercogliano. Quasi tutti i centri sono incendiati con il sacco successivo che provoca lutti immaginabili al miseri e innocenti civili. I dati accreditati parlano di oltre sessantamila vittime per tali imperdonabili atrocità. Un caso eclatante è quello di Altamura perché esiste una letteratura, per lo più fasulla, dei neo giacobini che descrive fatti esecrabili in un monastero, dove già da tempo si sollazzavano monache e repubblicani invasati dallo spirito rivoluzionario. Ma in quella città i sanfedisti trovarono prove dei cosiddetti “matrimoni giacobini”. Questa sorta di tortura era stata ampiamente sperimentata durante il Terrore in Francia e fu lestamente importata dalle nostre parti. Essa consisteva nell’ammazzare degli insorti e legare ai cadaveri successivamente altri simili disgraziati da seppellire infine in fosse comuni, assieme morti e vivi… Quarantaquattro “coppie” furono rinvenute dall’esercito popolare di Ruffo con alcuni ancora che respiravano.
Immaginate se questi orrori fossero entrati nei mass media, di allora come di oggi, con precisione di dettagli e circostanze, con film, convegni e dibattiti pubblici.
Cosa resterebbe della Repubblica Napoletana e cosa, viceversa, dei Sanfedisti?
Per narrare i fatti di San Giorgio a Cremano si può serenamente cominciare da quelle assai magre percentuali. Su un paio di migliaia di abitanti sono ricordati i nominativi di tre o quattro maggiorenti locali come ferventi repubblicani. Addirittura altri dalle vicinanze devono venire per spalleggiarli, come i celebri presbiteri spretati fratelli Formisano da Resina. Quindi siamo intorno allo 0,2% in perfetta media!
Orbene dopo 220 anni non mi sembra giusto parlare nemmeno qui di due partiti contrapposti in quel 1799. Un partito con il 99,98% e un altro con lo 0,02% ? Sarebbe veramente ridicolo… Celebrare pochissimi che avevano contro il popolo tutto dei sangiorgesi? E popolo qui non si vuole intendere la plebaglia incolta e violenta come pensano i nuovi giacobini. Bensì tutte le classi sociali fedeli al legittimo sovrano: da nobili, come la baronessa Tufarelli, ai popolani come Giorgio Punzo.
E’ venuto finalmente in momento di ricordare quest’ultimo nome perché era il capo massa che si oppose ai soprusi, divenuti ormai insopportabili (come il vertiginoso aumento delle tasse specialmente sui consumi) , dello stato zimbello che a varie riprese tentò di punire i leali sangiorgesi con l’acquiescenza e la denuncia di quei quattro gatti di filo francesi. Nei pressi dell’attuale cimitero, al Largo Arso e a Sant’Agnello Giorgio Punzo comandò le masse in furiosi combattimenti contro gli sgherri della repubblica partenopea quando all’inizio di giugno essa aveva deciso di punire severamente gli indomiti abitanti locali.
Il 13 giugno l’Armata Cristiana e Reale guidata dal cardinale laico Fabrizio Ruffo entrò in San Giorgio proveniente da Nola per accingersi all’attacco finale alla capitale. Era formata da quasi 50 mila uomini tra cui gli alleati antifrancesi come Turchi e Russi. Questi ultimi erano soldati dello zar Paolo I al comando del cap. Belly che presidiarono San Giorgio per l’intera giornata, stringendo amichevoli relazione con i residenti. Mai la città di San Giorgio ha ricordato e ringraziato questi importanti alleati che ebbero un peso rilevante nella riconquista di Napoli, a cui naturalmente parteciparono gli insorgenti sangiorgesi. Per il 220° anniversario di quegli eventi è venuto finalmente l’occasione per ricordare i soldati dello zar con in consolato russo di Napoli che ha dato il suo patrocinio e sarà presente al convegno del prossimo 13 dicembre.
Re Ferdinando IV di Borbone, al ritorno nella capitale liberata, verrà personalmente nella Chiesa Madre a ringraziare i sangiorgesi per il loro lealismo del giugno 1799.
Programma ufficiale
Video della conferenza