In questo durissimo periodo di ansia e costrizioni riteniamo proficuo pubblicare questo articolo di un’associazione a noi vicina che vuole dare una mano a tutti noi per superare meglio i problemi che ci affliggono per la nostra minacciata salute. E’ anche un ulteriore invito a comprare prodotti del Sud e a godere del nostro clima ineguagliabile dal Tronto a Capo Lilibeo. 

 

La vitamina D, secondo alcuni medici, sembra aiutare a rafforzare le

difese dell’organismo nel contagio col coronavirus in quanto la sua

carenza potrebbe essere un fattore di rischio. E’ bene assumerla

attraverso l’alimentazione o con l’esposizione al sole ( nel rispetto

delle restrizioni vigenti) . Fare comunque attenzione a non eccedere con

l’assunzione di vitamina D attraverso integratori alimentari in quanto

l’eccesso può comunque essere nocivo per l’organismo. Si riportano sia

articoli a favore che con delle perplessità che comunque non indicano

controindicazioni per l’assunzione attraverso il cibo.

CENTRO STUDI INTERESSE LEGITTIMO

 

 

 

I 9 cibi salutari con il più alto contenuto di vitamina D

Un elenco dei 9 alimenti più ricchi di vitamina D, indispensabile per la salute delle ossa e del sistema immunitario. Articolo tradotto da: Authority

La vitamina D è una vitamina indispensabile per la salute generale del corpo perché aiuta il sistema immunitario e le ossa e partecipa nella prevenzione del cancro e della sclerosi multipla. La vitamina D può essere di origine animale (colecalciferolo o vitamina D3) o di origine vegetale (ergocalciferolo o vitamina D2). L’esposizione ai raggi solari incrementa la sintesi di Vitamina D e l’assorbimento attraverso il colesterolo.

 

La Vitamina D è unica, perché può essere ottenuto sia dal cibo che dall’esposizione al sole. Tuttavia, fino al 50% della popolazione mondiale non si espone sufficientemente alla luce solare, e il 40% degli abitanti degli Stati Uniti presenta una carenza di vitamina D.

Ciò dipende in parte dal fatto che le persone trascorrono più tempo al chiuso, indossano una protezione solare quando sono fuori e seguono una dieta occidentale con un basso contenuto di alimenti fonte di vitamina D.

Il fabbisogno giornaliero di vitamina D (RDI) è pari a 400 IU provenienti dagli alimenti, ma molte organizzazioni sanitarie raccomandano caldamente di assumere 600 IU di vitamina D al giorno.

Se non ci si espone sufficientemente alla luce solare, il fabbisogno giornaliero di vitamina D cresce fino a circa 1.000 IU al giorno.

Qui di seguito c’è un elenco con i 9 cibi sani che hanno il più alto contenuto di vitamina d.

 

  1. Salmone

Il salmone è un pesce grasso molto conosciuto e anche una grande fonte di vitamina d. Secondo le banche dati sui nutrienti, 100 grammi di salmone contengono tra i 361 e i 685 IU di vitamina D.

Tuttavia, non è specificata l’eventuale differenza tra il salmone di allevamento e quello selvatico. Questa differenza potrebbe non sembrare importante, ma in realtà lo è. Uno studio, infatti, ha mostrato che il salmone pescato contiene in media 988 IU di vitamina D per 100 grammi di prodotto. Quindi il 247% del fabbisogno giornaliero.

Altri studi hanno hanno invece rivelato livelli ancora più elevati nel salmone selvatico, che arrivano fino a 1.300 IU di vitamina D per porzione.

Il salmone d’allevamento contiene, in media, solo il 25% di tale quantità. Ciò significa che una porzione di salmone d’allevamento contiene circa 250 IU di vitamina D, che è pari al 63% del del fabbisogno giornaliero.

Conclusione: Il Salmone selvatico contiene circa 988 IU di vitamina D per 100 g, mentre il salmone d’allevamento ne contiene in media 250 UI.

 

  1. Aringhe e sardine

L’aringa è un pesce mangiato in tutto il mondo. Può essere servito crudo, in scatola, affumicato o marinato. È anche una delle migliori fonti di vitamina d.

L’aringa fresca fornisce 1.628 IU per una porzione di 100 grammi, che è quattro volte il fabbisogno giornaliero.

Se il pesce fresco non fa per voi, anche le aringhe in salamoia sono una grande fonte di vitamina D, e forniscono 680 IU 100 grammi, che è pari al 170% del fabbisogno giornaliero. Tuttavia, le aringhe in salamoia contengono anche una quantità elevata di sodio, che alcune persone consumano in quantità eccessiva.

Le sardine sono un tipo di aringa, anche esse rappresentano una buona fonte di vitamina D. Una dose di arinche contiene 272 IU, che è pari al 68% il fabbisogno giornaliero.

Altri tipi di pesci grassi fonti di vitamina D sono: l’halibut, che fornisce 600 IU per porzione, e lo sgombro che contiene 360 IU per porzione.

Conclusioni: Le Aringhe contengono 1.628 IU di vitamina D ogni 100 grammi. Altri pesci che forniscono una buona quantità di vitamina D sono le aringhe, le sardine, l’halibut e gli sgombri.

 

  1. L’olio di fegato di merluzzo

L’olio di fegato di merluzzo è un integratore molto popolare. Se non ti piace il pesce, l’assunzione dell’olio di fegato di merluzzo può essere un buon modo per ottenere determinate sostanze nutrienti che sono difficili da ottenere da altri alimenti.

In un cucchiaino di olio di fegato di merluzzo, pari circa a 5 ml, sono contenuti 450 IU di vitamina d. Questo integratore è stato utilizzato per molti anni per prevenire e curare la carenza di vitamine nei bambini.

L’olio di fegato di merluzzo, infatti, è anche una fantastica fonte di vitamina A e in un cucchianino contiene circa con il 90% del fabbisogno giornaliero. Tuttavia, la vitamina A può essere tossica in quantità elevate. Pertanto, è meglio essere cauti con l’olio di fegato di merluzzo e non assumerne più di quanto se ne ha realmente bisogno.

L’olio di fegato di merluzzo contiene anche molti acidi grassi omega-3, carenti in molte persone.

Conclusioni: l’Olio di fegato di merluzzo contiene in 5 ml, 450 IU di vitamina D. È ricco anche di altre sostanze nutrienti, come la vitamina a.

 

  1. Tonno in scatola

Molte persone consumano con piacere il tonno in scatola sia per il suo sapore leggero sia perché può essere tenuto a portata di mano nella dispensa. Inoltre è di solito più conveniente rispetto all’acquisto del pesce fresco.

Il tonno in scatola contiene fino a 236 IU di vitamina D in una porzione di 100 grammi, pari a più della metà del fabbisogno giornaliero. È anche una buona fonte di niacina e vitamina K.

Purtroppo, il tonno in scatola è spesso associato a metil-mercurio, una tossina ritrovata in molti tipi di pesce. Se si accumula nell’organismo umano, il metil-mercurio può causare gravi problemi di salute.

Tuttavia, alcuni tipi di pesce sono meno a rischio rispetto ad altri. Il tonno è in genere una scelta migliore del tonno bianco, e se ne possono consumare in sicurezza, fino a 180 g a settimana.

Conclusioni: Il tonno in scatola contiene 236 IU di vitamina D per porzione. Scegliere il tonno semplice e mangiarne 180 g a settimana, o meno, è sufficiente per proteggersi contro l’accumulo di metil-mercurio.

 

  1. Le ostriche

Le ostriche sono un tipo di mollusco che vive in acqua salata. Sono deliziose, a basso contenuto di calorie e ricche di sostanze nutritive.

Una porzione di 100 grammi di ostriche selvatiche contiene solo 68 calorie e 320 IU di vitamina D, pari a circa l’80% del fabbisogno giornaliero.

Inoltre, una porzione di ostriche contiene vitamina b12, rame e zinco in quantità pari a 2-6 volte il del fabbisogno giornaliero di queste sostanze (molto più di quanto ne contengono i multivitaminici).

Conclusioni: Le ostriche sono ricche di sostanze nutritive e forniscono 320 IU di vitamina d. Inoltre contengono più vitamina B12, rame e zinco di un multivitaminico.

 

Puoi approfondire quali sono gli integratori naturali di vitamina D

 

  1. Gambero

I gamberetti sono un tipo popolare di crostacei. Eppure, a differenza della maggior parte dei frutti di mare fonte di vitamina D, i gamberetti hanno un contenuto di grassi molto basso. Nonostante questo, contengono una buona quantità di vitamina D, circa 152 IU per porzione, pari al 38% del fabbisogno giornaliero.

Essi contengono anche acidi grassi omega-3, pur se in una quantità inferiore rispetto a molti altri alimenti ricchi di vitamina d.

I gamberi, inoltre, contengono circa 152 mg di colesterolo per porzione, che è una quantità piuttosto significativa. Tuttavia, questo non dovrebbe essere un motivo di preoccupazione.

Molti studi recenti hanno dimostrato che l’assunzione di colesterolo dietetico non ha un grande effetto sui livelli di colesterolo del sangue.

Anche le linee guida dietetiche del 2015 hanno rimosso il limite superiore per l’assunzione di colesterolo, affermando che il consumo eccessivo di colesterolo non è un problema.

Conclusioni: I gamberi contengono 152 IU di vitamina D per porzione e hanno pochi grassi. Contengono colesterolo, ma ciò non rappresenta un reale motivo di preoccupazione.

 

  1. Tuorli d’uovo

Fortunatamente per chi non ama il pesce, i frutti di mare non sono l’unica fonte di vitamina D. Le uova consumate intere sono un’altra buona fonte, e anche un alimento molto nutriente.

Mentre la maggior parte delle proteina si trova nell’albume, i grassi, le vitamine e i minerali si trovano principalmente nel tuorlo d’uovo.

Un tuorlo di uova di gallina allevata in modo convenzionale contiene tra i 18 e i 39 IU di vitamina D, che non è una quantità molto alta. Tuttavia, i polli allevati a terra che vagano fuori alla luce del sole producono uova con livelli di vitamina D che sono che 3-4 volte superiori.

Inoltre, le uova di galline nutrite con mangime arricchito di vitamina D hanno livelli incredibili di questa vitamina, fino a 6.000 IU di vitamina D in un tuorlo.

Conclusioni: Le uova di galline da allevamento commerciale contengono solo 30 IU di vitamina D nel tuorlo. Invece, le uova di galline allevate all’esterno, o nutrite con mangimi arricchiti vitamina D, contengono livelli molto più elevati.

 

  1. I funghi

Escludendo gli alimenti fortificati, i funghi sono l’unica fonte vegetale di vitamina D. Come gli esseri umani, i funghi in grado di sintetizzare questa vitamina con l’esposizione alla luce UV.

Tuttavia, funghi producono vitamina D2, mentre gli animali producono vitamina D3. Sebbene la vitamina D2 contribuisce ad aumentare i livelli ematici di vitamina D, questa non è efficace come la vitamina D3.

Ciò nonostante, i funghi selvatici sono un’ottima fonte di vitamina D2. Infatti, alcune varietà contengono fino a 2.300 IU per 100 grammi.

I funghi coltivati commercialmente, invece, sono spesso coltivati al buio e contengono quidni pochissima vitamina D2. Tuttavia, alcune marche sono trattate con luce UV. Questi funghi possono perciò contenere da 130 – 450 IU di vitamina D2 per 100 grammi.

Conclusione: I funghi possono sintetizzare la vitamina D2 se sono esposti alla luce UV. Solo i funghi selvatici o i funghi trattati con luce UV rappresentano una buona fonte di vitamina d.

 

  1. Alimenti fortificati

Le fonti naturali di vitamina D sono limitate, soprattutto per i vegetariano o le persone alle quali non piace il pesce. Fortunatamente, alcuni alimenti che non contengono naturalmente la vitamina D, vengono fortificati con essa.

 

Latte di mucca

Il Latte di mucca, il tipo di latte che beve la maggior parte delle persone, è naturalmente una buona fonte di sostanze nutritive tra le quali il calcio, il fosforo e la riboflavina.

In molti paesi, però, il latte di mucca viene fortificato con l’aggiunta di vitamina d. In genere, una tazza da 237 ml di latte contiene circa 130 IU di vitamina D, pari a circa il 33% del fabbisogno giornaliero.

 

Latte di soia

Perché la vitamina D si trova quasi esclusivamente in prodotti di origine animale, i vegetariani e i vegani sono particolarmente di carenza di questa vitamina.

Per questo motivo, il latte vegetale come quello di soia, viene spesso fortificato con altre vitamine e minerali trovati generalmente nel latte di mucca.

Una tazza di latte di soia (237 ml) contiene in genere tra i 99 e i 119 IU di vitamina D, che è fino al 30% del fabbisogno giornaliero.

 

Succo d’arancia

Circa il 75% della popolazione mondiale è intolleranti al lattosio, mentre il 2-3% ha un’allergia al latte. Per questo motivo, alcuni paesi sono soliti fortificare il succo d’arancia con vitamina D e altri nutrienti, come ad esempio il calcio.

Una tazza di succo d’arancia (237 ml) contiene fino a 142 IU di vitamina D, pari al 36% del fabbisogno giornaliero.

 

Cereali e farina d’avena

Anche i cereali e i fiocchi d’avena sono fortificati con la vitamina d. Una porzione pari a mezza tazza di questi alimenti può fornire fra i 55 e i 154 IU di vitamina D, o fino al 39% del fabbisogno giornaliero.

Anche se la farina d’avena e cereali fortificati forniscono meno vitamina D rispetto a molte fonti naturali, possono comunque essere un buon modo per aumentare la quantità di vitamina D che assumete.

 

Conclusioni: Alcuni alimenti venfono fortificati con vitamina D, incluso il latte di mucca, il latte di soia, il succo d’arancia, i cereali e la farina d’avena. Questi contengono tra i 55 e i130 IU di vitamina D per porzione.

 

Consigli utili

Trascorrere più tempo fuori casa, al sole, è il modo migliore per ottenere la tua dose giornaliera di vitamina D. Tuttavia, per molte persone non è possibile esporsi alla luce solare per il tempo necessario.

Ottenere abbastanza vitamina D unicamente dalla vostra dieta è difficile ma non impossibile. Gli alimenti elencati in questo articolo sono alcune delle migliori fonti di vitamina D disponibile.

Mangiare molti di questi alimenti ricchi di vitamina D è un ottimo modo per essere sicuri di soddisfare il fabbisogno giornaliero di questa sostanza.

Ai cibi indicati nell’articolo può aggiungersi la  cicoria

 

Da Repubblica

Vitamina D contro il Coronavirus? Solo un’ipotesi

Non ci sono studi in corso che abbiano testato l’efficacia di questo ormone nel contagio o nei confronti delle complicanze da covid-19. Bronte, immunologo dell’Università di Verona: “In questo momento di emergenza bisogna essere cauti con le informazioni”

di TIZIANA MORICONI

 

Da alcuni giorni circola la notizia che la vitamina D possa essere utile alle persone più a rischio di contagio da Covid-19 o di complicanze. L’idea alla base è che una sua carenza possa essere un fattore di rischio. Due docenti dell’Università di Torino – di Geriatria, Giancarlo Isaia, e di Istologia, Enzo Medico – hanno infatti scritto una relazione all’Accademia di Medicina di Torino in cui si suggerisce “ai medici, in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, di assicurare adeguati livelli di Vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare”. Inoltre – si legge nella relazione – “Potrebbe essere considerata la somministrazione in acuto del calcitriolo (la forma attiva della vitamina D, ndr.) per via endovenosa in pazienti affetti da Covid-19 con funzionalità respiratoria particolarmente compromessa”.

Nessuno studio clinico

Va detto subito che la riflessione – che i due professori non sono i soli a fare nel panorama internazionale – si basa su alcuni dati di letteratura sulla carenza generale di vitamina D e sul suo possibile ruolo nelle infezioni delle vie respiratorie. Tra le fonti citate, quella che ipotizza un ruolo contro il coronavirus si riferisce a una revisione “narrativa” di alcuni studi presentata su una piattaforma open, Preprint, e non su una rivista scientifica con peer review. Insomma, come ha sottolineato anche la divulgatrice scientifica Beatrice Mautino sul suo blog La ceretta di Occam su Le Scienze, non esiste uno studio dell’Università di Torino (e ancora neanche di altri centri) che abbia dimostrato l’efficacia di una supplementazione di vitamina D contro le complicanze da coronavirus, come la polmonite interstiziale.

Le regole per utilizzare i farmaci non cambiano

“Come mai prima d’ora stiamo assistendo a un moltiplicarsi di teorie sulla possibile utilità di vari farmaci, non solo la vitamina D, con e senza razionale scientifico”, dice Vincenzo Bronte, Ordinario di Immunologia all’Università di Verona, ricercatore Airc e coordinatore di uno studio proprio sugli aspetti immunologi caratteristici di Covid-19 – “Conoscerlo per sconfiggerlo. Alleanza contro COVID-19 (ENACT)” dell’Università di Verona, finanziato da Fondazione Cariverona e co-finanziato da Fondazione TIM. “Questo grande interesse è certamente importante – prosegue Bronte – ma le regole della comunità scientifica per utilizzare un farmaco restano le stesse, anche in questa circostanza. Prima di dire che una sostanza è utile per le complicanze da Coronavirus bisogna che sia dimostrato in uno studio clinico. Al momento di questi studi non ce ne sono”.
L’attenzione, ora, è infatti sull’utilizzo di farmaci come antinfiammatori, antivirali e un vecchio farmaco contro la malaria, la clorochina, e si stanno avviando diversi studi randomizzati per stabilire efficacia, dosaggi, indicazioni. Le applicazioni di altri farmaci di supporto rimangono per adesso ipotesi.

L’annosa questione della vitamina D

La questione dell’efficacia della vitamina D per usi che non riguardano la salute delle ossa è annosa e controversa. Tanto che l’Agenzia del farmaco lo scorso autunno ha ristretto le patologie e le categorie di persone per cui può essere rimborsata dal sistema sanitario. Fino ad allora, veniva invece prescritta a chiunque e anche per la prevenzione di malattie cardiovascolari, ictus o tumori, sebbene non esistano chiare evidenze scientifiche che sia davvero utile per tutto questo. L’Aifa lo ha messo nero su bianco: è inefficace e inappropriata per tali indicazioni. Il problema è che i dati sono contraddittori: se è vero che una carenza di vitamina D è stata associata a maggior rischio di diverse patologie, e anche vero che gli studi clinici (negli Usa è in corso l’ampio Vital Study) ad oggi non hanno dimostrato in modo convincente che la supplementazione li riduca.

Vitamina D e sistema immunitario

“Conosciamo alcuni degli effetti della vitamina D sul sistema immunitario e sappiamo per esempio che ha sicuramente un’azione nella cute, dove viene prodotta”, spiega Bronte: “In questo distretto aiuta a mantenere le funzioni del sistema immunitario. Come ormone, può poi influire su diverse popolazioni linfocitarie, ma gli studi che hanno provato l’effetto della vitamina D sull’immunità sono pochi, e infatti non vi è ad oggi alcuna indicazione per usare questo farmaco come immunomodulante. Nei pazienti stiamo osservando alterazioni di molti parametri del sangue, non solo della vitamina D, ma è anche difficile stabilire se erano presenti prima del declino generale delle funzionalità o se ne sono una conseguenza. E’ vero – prosegue – che si dice spesso che visto che la vitamina D non fa male, tanto vale darla. Ma soprattutto in questo frangente di emergenza bisogna davvero essere cauti con le informazioni”.

Su Futura News, la testata del Master in giornalismo Giorgio Bocca dell’Università di Torino, il Prof. Medico ha ribadito che il loro non è uno studio clinico, ma una analisi per porre l’attenzione sull’argomento: “Nel corso delle ultime settimane alcuni colleghi dell’Ospedale di Torino ci hanno segnalato una diffusa carenza di vitamina D nei pazienti ricoverati per essere risultati positivi al Covid-19. Abbiamo quindi deciso di raccogliere una serie di studi clinici per cercare di dare un quadro più organico della questione. Nelle fonti da noi citate vengono presi in considerazione oltre 12mila casi e le pubblicazioni sono sia a favore che contro la tesi benefica della vitamina D. Abbiamo fatto il tutto in maniera estremamente delicata ed equilibrata, senza sbilanciarci, ma riportando evidenze di cui la comunità scientifica era già a conoscenza da tempo. Molti colleghi – ha aggiunto – nonostante spesso stiano lavorando in condizioni davvero precarie, si sono interessati al nostro lavoro e si è avviato un confronto che speriamo sia costante e duraturo”.

 

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Carlo Verdelli