FUOCO AMICO E FUOCO NEMICO

 

L’incontenibile gioia che sta esplodere nel napoletano per la troppo a lungo attesa vittoria nel massimo campionato di calcio, sta facendo emergere ripetuti attacchi mediatici che puzzano inequivocabilmente di razzismo. Oltre a quanto già sperimentato ai tempi del Pibe de Oro (sporadicità del successo, spreco di risorse per i festeggiamenti, esagerata attenzione per un fatto meramente sportivo) stavolta si è arrivati a minacciare i tifosi azzurri, sparsi in tutta Italia segnatamente a nord per la continua emigrazione coatta, per inibire la loro voglia di esporre bandiere, striscioni e simboli inneggianti al calcio Napoli.

Com’è nostro costume ci interesse solo quello che accade al di sotto del sacro confine tra Garigliano e Tronto. Criticare aspramente i sostenitori partenopei oltre quel limite si può assomigliare al “fuoco nemico” che viene sparato da chi è stato (mal)educato in questa illegittima nazione da 162 anni a questa parte. Ma rilevare gli attacchi entro quel limite equivale al “fuoco amico” che ti coglie alle spalle e al fianco dove non te lo aspetti né ti tuteli. Generalmente esso è generato per errore e, purtroppo, questo non è il caso in questione. Sarebbe più esatto parlare allora di fuoco nemico fatto dai traditori, dai collaborazionisti del nemico di sempre, da quelli che godono tanto nel veder sparare sui loro fratelli che si uniscono alla sparatoria. Forse qualcuno si rammenta dei giacobini che tirarono sui lazzari nel 1799 mentre era in corso l’assalto dei francesi…  Invece vogliamo ancora chiamarlo “fuoco amico” preferendo la colpa al dolo, perché il sangue non è acqua nemmeno se non si è concordi!

Un’ultima ma importante notazione su queste pseudo intimidazioni che le cronache riportano specialmente in città campane con proclami a tifare unicamente per le squadre locali. Questi atteggiamenti non sono soltanto esecrabili dal punto di vista etnico e storico ma sono assolutamente effetto di incoerenza lampante e ignoranza crassa. Com’è possibile in tali luoghi non aver mai protestato per i colori di tante squadre del nord ostentati alla faccia della squadra territoriale, magari in serie A? Perché solo con i colori del Napoli è sorta questa polemica?

La risposta necessariamente parte dalla considerazione che se vi sono cittadini che tengono per la Juve o l’Inter c’è la totale tolleranza se apertamente tifano contro la squadra locale. Se invece si tratta del Napoli si apre ogni contestazione senza alcun ritegno. Allora non è l’esistenza di un concittadino che non parteggia per i colori del posto a offendere il tifoso locale, bensì unicamente la sua dichiarata appartenenza alla squadra che fu per quasi otto secoli la sua capitale…

Ritorna qui il carattere surrettizio del tifo calcistico intorno al Napoli che ovviamente non è solo un fatto sportivo ma un orgoglioso anelito di reazione a quanto sopportato dalla matrigna Italia. Evidentemente ci troviamo in manifestazioni dell’inconscio collettivo che ognuno potrà negare per non compromettersi soprattutto con se stesso ma che non consentono altre spiegazioni logiche. Accogliere sostenitori di squadre del nord nei propri paesi meridionali rappresenta un’ordinaria subornazione più che spirito sportivo. Respingere sostenitori del Napoli significa temere gravemente il carattere identitario della passione per l’azzurro (borbonico) partenopeo. Paura del passato che non è mai passato del tutto, paura di dover riconoscere la supremazia di Napoli capitale, paura  di dover ritrattare tutta la propria vita, farcita di menzogne e titubanze essenzialmente culturali.

Vincenzo Gulì