FERMIAM

FERMIAMOLI!

Non facciamo la fine degli indiani d’America

C’era una volta una civiltà antica ed equilibrata che si fondava sulle leggi naturali, consentendo a milioni di persone di vivere decentemente ed in pace. Ne arrivò un’altra in perenne disequilibrio,basata sul potere delle armi, che decise di soppiantarla usando un’ ignobile violenza. Per eliminare i nativi cominciarono a sterminarli sistematicamente, supportati da bugie mediatiche che li tacciavano di ogni nefandezza per giustificarne la strage, mentre le loro uniche reazioni riguardavano la difesa del proprio villaggio, delle donne e dei bambini uccisi senza alcuna pietà. Ai massacri si accompagnò ben presto una marea di emigranti che, con colonne di carri sfidavano grossi pericoli nel lungo tragitto e si privavano di ogni loro avere pur di partire verso la “terra promessa”. Con l’aiuto determinante del governo costoro si stabilirono nei territori in cui i nativi vivevano felici, che il fuoco e il sangue avevano liberato per ospitarli. Anche stavolta le menzogne dell’informazione tutelavano questo ulteriore crimine inducendo al pietismo verso questi pionieri che miseria, guerra, opposizione politica inducevano al lungo viaggio senza ritorno. In tal modo le loro ragioni erano spiegate con tutti i (falsi) dettagli mentre nulla praticamente valevano quelle degli sloggiati che da sempre popolavano quelle zone. Nacquero così i moderni stati dell’America in cui oggi i “pellirosse” costituiscono una sorta di razza protetta e rarissima che praticamente non ha nessun peso in società.
Qualcosa di analogo sta succedendo da un secolo e mezzo a questa parte al centro del Mediterraneo. L’inizio si ebbe nel cosiddetto (loro) risorgimento: conquista militare sabauda e repressione del “brigantaggio” (con un vero genocidio per guerre, rappresaglie e lager) accompagnata da un’emigrazione completamente sconosciuta ai nativi, costretti a fuggire a milioni per scampare ad una morte certa per stenti o violenze militari. La differenza con l’America è che lì mandarono i coloni a sostituire gli indigeni in via di eliminazione fisica; da noi costrinsero i nativi a togliersi dai piedi con minaccia serissima di impossibilità di vivere.
Poiché la regia è la medesima, questa varietà comportamentale si interpreta con difficoltà contingenti connesse al grado di civiltà mediterranea e alla sua rinomanza mondiale. Non era stato quindi possibile (mal)trattare gli abitanti delle Due Sicilie come gli “indiani” americani ma ciò lasciava qualche problema irrisolto. Come l’Araba Fenice i popoli napolitani e siciliani avevano resistito alle angherie di ogni genere dei colonizzatori, persino a quelle culturali. L’ultimo quarto del sec. XX ne aveva fornito prove preoccupanti. I padroni del mondo sanno cosa fare in ogni situazione perché sono stati preparati scientificamente e senza posa. Si dice che la pace è la pausa tra due guerre; per essi è sempre guerra. La storia insegna che mentre nella pace i loro nemici invitti si riposano, costoro continuano a combattere con armi diverse che quasi sempre sorprendono gli avversari.
Da quando l’ultimo bersagliere ha terminato di insanguinare la sua baionetta sui cosiddetti “meridionali” la persecuzione per loro non ha avuto mai fine. La loro prodigiosa persistenza deve essere quindi affrontata con altre armi non convenzionali per la vittoria completa.
La prima è quella che prosegue idealmente il massacro indiscriminato delle truppe sabaude nell’Ottocento: l’avvelenamento del territorio con esplosione esponenziale della mortalità. La Terra dei Fuochi è l’esempio più famoso ma dovunque ciò sta dilagando nel cosiddetto Mezzogiorno d’Italia. L’informazione di regime invece di additare i colossi industriali che generano i rifiuti tossici e le istituzioni complici, blaterano sulla malavita locale (funzionale agli autori dello scempio) ottenendo un effetto secondario strepitoso per la correlazione diretta tra divulgazione di queste notizie e crollo della produzione agricola territoriale, pilastro della tartassata economia locale.
La seconda è quella dei pionieri d’America che non si muovono sui carri nella prateria ma con barconi sul mar Mediterraneo. Proprio mentre la recessione economica assottiglia giorno dopo giorno le giovani generazioni del sud Italia (che sono obbligate a partire a qualsiasi prezzo per non soccombere), egualmente giorno dopo giorno un numero ben maggiore di migranti subentra nella società di cui i primi legittimamente facevano parte. Naturalmente i mass media sono pronti a giustificare quest’altro crimine verso l’umanità. tutte le ragioni di questi extracomunitari sono sviscerate quotidianamente per entrare nella testa dei “benpensanti” dando chiaramente del razzista a chi cerca invece di usare il proprio cervello. Anche qui nessun accenno alle motivazioni e ai diritti dei nativi a cui si rende apposta la vita impossibile per far spazio agli altri. Le istituzioni sono addirittura giunte a dare sussidi ai nuovi arrivati e a negarli agli indigeni.
Dobbiamo assolutamente fermarli. Evitiamo che tra un paio di generazioni anche i napolitani e i siciliani siano oggetto di protette e rare riserve naturali. Facendo tesoro delle differenze tra noi e le vittime americane e delle conseguenti ansie di quelli che vorrebbero un nuovo ordine mondiale, resistiamo ora più che mai attorno a quei valori che sono loro indigesti da secoli. Cominciamo a diffondere la verità sull’oggi e quella delle lezioni dimenticate della storia sul passato. Soprattutto difendiamo ogni casa, ogni albero, ogni borgo di questa terra che è stata la culla della civiltà dell’intero pianeta e sulle cui rive si “spiaggerà” il mostro infame che ci perseguita. Fermiamoli per noi ma con beneficio di tutta l’umanità che, con effetto domino, sarebbe in grado di risvegliarsi di colpo.

Vincenzo Gulì