Cade quest’anno il 170˚ della famosa rivoluzione del 1848 che è rimasta anche nel frasario comune come “succede il ’48” quando dei grossi guai accadono.

Una serie di articoli riguarderà questo tema fondamentale della storia duosiciliana che è il vero prodromo del risorgimento del 1860.

Cominciamo con scandire le date di quell’anno fatidico evidenziando gli avvenimenti più rilevanti.

Già a fine 1847 attorno al Faro sediziosi stranieri appiccano focolai a stento rintuzzati dai Regi.

Il nuovo anno si apre con i moti di Sicilia.

Gennaio 12

Scoppia la rivoluzione a Palermo grazie alla regia inglese (Lord Mintho),  ai settari internazionali sbarcati, ai nobili oppressi (loro sì dai Borbone) e ai loro nuovi servi della gleba i famosi picciotti.

Gennaio 29

Il Re Ferdinando si trova in grande imbarazzo con la Sicilia rivoltata e Napoli zeppa di sediziosi. Prima di prendere decisioni fa quello che nessuno storico postumo ha mai riportato: esce dalla reggia e incontra con una esigua scorta i popolani in varie zone della capitale. Ad essi chiede pareri e consigli che sono tutti orientati contro la rivoluzione dei signori e degli stranieri, con l’assicurazione che i Napoletani avrebbero combattuto per lui.

 

Febbraio 11

Promulgazione della Costituzione delle Due Sicilie fatta dal primo regnante nella penisola italica. Infatti a Torino avverrà il 4 marzo , a Firenze il 10 e a Roma il 14. Essa solo apparentemente non toccava il Re perché lo stringeva con le sue norme sempre di più sino a condurlo all’impossibilità di esercitare il suo ruolo. L’effetto più deleterio per la massa era l’adozione del tricolore massonico, pur con le insegne nazionali.

 Marzo 7

A Palermo l’ignavia dolosa dei capi fa ritirare le truppe borboniche. L’isola è in mano ai rivoluzionari guidati ufficialmente da Ruggero Settimo e ufficiosamente dall’Inghilterra. E’ rifiutata la costituzione data da Re Ferdinando II e le ultime concessioni dei delegati da Napoli su istigazione di Lord Minto che prepara l’indipendenza dal legittimo trono borbonico. Ovunque tricolori con il triscele.

 

Marzo 23

Scoppia la cosiddetta I Guerra d’Indipendenza tra l’Impero Austriaco e una irrituale lega italica guidata dal regno di Piemonte con l’aiuto di volontari dal Regno delle Due Sicilie, Stato Pontificio, Granducato di Toscana. Per mare e per terra l’armata duosiciliana parte al comando di Guglielmo Pepe. Ciò sguarnisce il regno sebezio di importanti truppe per volontà della rivoluzione internazionale che aveva rivoltato la Sicilia e stava per farlo a Napoli.

 

 

Aprile 13

Il burattino della setta massonica R. Settimo apre il Parlamento a Palermo dichiarando la decadenza della dinastia borbonica nella sala “Ercole” del palazzo dei Normanni. L’ennesimo sporco tentativo degli inglesi di separare per indebolire il regno è in piena esecuzione.

 

Aprile 18

Ferdinando II indice le elezioni pretese dalla setta destabilizzatrice per convocare anche a Napoli il suo Parlamento, “cavallo di troia” per minare le strutture pure della parte ultrafaro del Regno e strumento capace di incastrare il Re e quindi portare progressivamente  alla rovina i suoi sudditi. Le candidature sono tutte decise dai rivoluzionari, stabilmente riuniti nell’ex convento di Montoliveto (uno dei tanti soppressi e saccheggiati dai francesi nel 1799) che oggi è caserma dei Carabinieri…

Aprile 30

Al comando del filo giacobino Guglielmo Pepe sale verso la pianura padana l’armata duosiciliana che la piazza settaria ha imposto al Re di inviare in soccorso dei Piemontesi nella cosiddetta I guerra d’indipendenza.

Maggio 9

Dalle varie province e specialmente dall’estero arrivano nella capitale brutti ceffi tricolorati con il compito di prepararsi per un vero e proprio colpo di stato a prescindere da costituzione, elezioni, riforme e volontà popolare. Il 9 giunge in rada anche una flotta francese per appoggiare in qualsiasi modo i sediziosi, da quello diplomatico a quello logistico, da quello morale a quello  dell’eventuale fuggi fuggi conclusivo.

 

Maggio 12

La spedizione borbonica in val padana, per  l’illusione della guerra italica voluta dai settari per sguarnire Napoli,  si trova tra i due paeselli di Curtatone e  Montanara, presso Mantova, proprio mentre un’armata quasi 3 volte superiore comandata dal grande Radetsky tenta di prendere alle spalle il presuntuoso Carlo Alberto. Inizia così una terribile ed eroica battaglia che blocca di colpo gli austriaci sorpresi dal valore di questi soldati venuti dalle Due Sicilie.

 

Maggio 14

I poco onorevoli deputati, riuniti nell’ebbrezza  rivoluzionaria a Montoliveto, tentano la rottura con la benevolenza del sovrano. Infatti pretendono una serie crescente di richieste inaccettabili e al di là della Costituzione già promulgata. Vogliono abolizione la religione cattolica, il nome del regno Due Sicilie e porre un giuramento costituzionale non sugli articoli approvati ma su qualsiasi altro da inserire in seguito. Sono i prodromi della rivolta armata già preparata  a puntino per il giorno dopo per una rivoluzione che viene da lontano e che sostanzialmente estranea al popolo napolitano.   

 

Maggio 15

Dopo aver rigettato tutte le convenienti proposte del re, i rivoluzionari provocano i soldati sparando sul posto di guardia della Reggia. Sono le 11 quando Lancieri e Svizzeri assaltano la barricata di S. Ferdinando ed aprono la reazione all’impopolare rivolta portata da lontano. Per 3 o 4 ore si combatte selvaggiamente per tutto il centro della capitale da via Santa Brigida al Largo della Carità, da via Montoliveto al convento omonimo dove sono asserragliati i deputati settari. Anche i popolani, luciani in testa, aiutano i Regi a spazzare via la ribellione. Napoli a fine giornata è insanguinata ma libera dal cancro rivoluzionario.

Barricata di via S. Brigida

Maggio 16

Dopo i luttuosi avvenimenti del giorno prima nella capitale, la situazione ancora turbolenta in Sicilia e l’equivoca guerra con l’Austria, a Napoli si comincia a cambiare veramente le cose. Nel nuovo esecutivo, il ministro degli esteri principe di Cariati consegna al rappresentante di Carlo Alberto la nota con cui si interrompe la sorta di alleanza nella guerra in Val Padana e si annuncia il richiamo delle truppe borboniche del gen. Pepe.

 

Maggio 29

Dopo i primi scontri avuti il 12 il mar. Radetzky dà l’ordine di sfondare le difese tosco-napoletane schierate tra Curtatone e Montanara con un’armata quattro volte superiore in uomini e con adeguata artiglieria. Grazie ai soldati regi e al prodigarsi dei volontari non fuggiti per paura, per un’intera giornata gli imperiali sono inchiodati al campo, riuscendo solo a sera a prevalere e salvando quindi C. Alberto e il grosso del suo esercito nei pressi di Goito. La popolazione acclamerà gli eroi venuti dalle Due Sicilie che saranno addirittura decorati dal re sabaudo come il col. Rodriquez, comandante del btg. Cacciatori.

 

Giugno 15

Re Ferdinando in questi giorni di 170 anni fa un lento giro dalla reggia di Napoli a quella di Portici per incontrare la popolazione festante e complimentarsi per l’aiuto ricevuto nel reprimere la rivoluzione. Indice anche i comizi elettorali per il 15 giugno per riaprire un parlamento meno succubo dei settari.

Giugno 18-30

Scacciati a furor di esercito e di popolo dalla capitale, i rivoluzionari riaccendono la lotta, lautamente finanziata dalla massoneria, in posti più lontani e meno pericolosi. Cosenza inalbera il tricolore con il nizzardo Ribotti e le Calabrie, in  buona parte, sono destabilizzate. Con l’avanzare dei Regi pian piano si ritorna alla legalità con l’evidente favore popolare.

Luglio

Il pluritraditore Guglielmo Pepe disattende l’ordine del Re di rientro per la spedizione nel nord italico assieme a suoi degni compari e a qualche compagnia plagiata o imbrogliata. Si unisce quindi al rivoluzionario veneziano Daniele Manin che lo nomina duce della sua effimera repubblica.

Agosto

In questi giorni di 170 anni fa il popolo della capitale organizza una grande manifestazione per ribadire la sua volontà sovrana dopo la sconfitta della rivoluzione. VIVA IL RE e ABBASSO LA COSTITUZIONE si legge sui cartelli portati dai napolitani di Napoli. Era già stato il grido dei soldati quando Ferdinando II l’aveva concessa per evitare un già preordinato spargimento di sangue.

Agosto 31

Alla fine del mese l’armata duosiciliana, con appena quattordicimila soldati, è a Reggio pronta allo sbarco nella Sicilia in mano ai ribelli. Il comandante in capo principe Filangieri prepara un ultimatum prima di aprire le ostilità.

 

1 Settembre

Ferdinando II decide di dedicarsi solo alla riconquista siciliana e pertanto proroga la seduta del Parlamento a novembre in modo da interrompere quella che da maggio dura imperterritamente con impudente lavorio dei ribelli perdonati ma non pentiti…

3  Settembre

Ignorato dai ribelli l’ultimatum di Filangieri, quella domenica mattina si scatena la battaglia. I rivoltosi aprono addirittura le ostilità bombardando dalle postazioni fuori città la Cittadella. La risposta è immediata e coincide con lo sbarco delle truppe nei pressi di Gazzi che assalgono le fortificazioni nemiche avanti Messina. Anche dalla Fortezza escono truppe regie per la liberazione della città convergendo verso la barriera difensiva dei sediziosi.

 

7  Settembre

Dopo cinque giorni di furiosi combattimenti, a mezzogiorno Carlo Filangieri può telegrafare a Napoli che Messina è di nuovo libera! La popolazione, fuggita per terrore dei rivoluzionari, rientra dal Faro con empatia, reciproca, con i Regi.

Settembre

Verso la fine del mese Girgenti rialza le insegne borboniche sotto l’impulso del vescovo e sfida i ribelli di Palermo, assieme ad altri centri minori siciliani.

23 Settembre

Il Banco di Palermo sospende, per la prima volta nella sua storia, il pagamento delle Fedi Credito a causa della cattiva amministrazione pubblica che ha riempito di debiti la capitale siciliana, come da costume dei governi rivoluzionari neo-giacobini

 

26 Ottobre

Giuseppe La Masa, vilmente fuggito da Messina all’arrivo dei Regi, fa il gradasso a Palermo cavalcando da sedicente eroe. Improvvisamente viene disarcionato con contusioni non molto gravi, fortunatamente per lui ma sfortunatamente per la Patria che affosserà 12 anni dopo. Evidentemente era montato su un cavallo di puro cuore siciliano…

 

 1° Novembre

Il mese si apre con una stretta fiscale eccezionale del governo di R. Settimo che affama letteralmente la popolazione per le spese folli dell’amministrazione rivoluzionaria. Al raddoppio dei beni alimentari si affianca quello degli sbarchi di mercenari stranieri lautamente pagati.

 

15 Novembre

A Roma la rivoluzione vuole ottenere la preda più ambita e destabilizzare gli Stati Pontifici. Il primo ministro Pellegrino Rossi, che apertamente denuncia gli inganni della guerra in val Padana e scopre le carte dei settari, è brutalmente assassinato ed il papa esautorato e relegato nel Quirinale.

 

25 Novembre

Nella notte tra il 24 e il 25 giunge a Gaeta il papa Pio IX sotto mentite spoglie per sfuggire alla rivoluzione a Roma. Il governatore della città, nel dubbio della sua identità, lo pone agli arresti all’albergo della Pergolella attendendo ordini superiori. Ma Re Ferdinando è stato già avvisato direttamente dell’augusto ospite e sbarca da una piccola flotta per accoglierlo degnamente in quella che sarà una lunga e graditissima permanenza nel regno.

 

8 dicembre

In occasione della festa dell’Immacolata, Patrona delle Due Sicilie, si svolge a Palermo la consueta grande processione facendo sfilare la Vergine tra la devotissima popolazione. L’accompagnano anche gli atei e blasfemi rivoluzionari con fascia tricolore mostrando le contraddizioni, l’ipocrisia e il populismo che li caratterizzano nello spazio e nel tempo.

 

1849 gennaio

Con lo stato pontificio in preda ai rivoluzionari scacciati da altre zone redente, quattro potenze accolgono l’appello del Papa, esiliato a Napoli, inviando contingenti armati per la liberazione di Roma: il Regno delle Due Sicilie, l’Impero Asburgico, il Regno di Spagna e la Repubblica Francese.

9 febbraio

Nella Roma, in preda ai nuovi barbari rivoluzionari, è proclamata la Repubblica Romana di cui fa parte la peggiore feccia di asserviti, in varie maniere, alla massoneria da Garibaldi a Mazzini, da Pisacane a Mameli per citare i più popolari…

31 marzo

Il generalissimo Filangieri dichiara venuto il tempo di liberare il resto della Sicilia dai rivoluzionari.  Passa in rassegna le truppe caricatissime che gridano “Viva ‘O Rre!” con un piano strategico che sorprende il suo rivale polacco che comanda l’esercito ribelle. Mierolawsky attendeva l’attacco a Palermo, centro della resistenza rivoluzionaria, ma per farlo i Regi avrebbero dovuto attaccare dal mare con la massima difficoltà essendo la via da Milazzo troppo impervia e quindi lenta e problematica. Invece Filangieri ordina di puntare sul catanese e deviare successivamente all’interno per Castrogiovanni e prendere alle spalle Palermo.

 

2 aprile

L’armata di Filangieri, dopo aver superato Alì, si vede sbarrata la strada dalla strategica posizione di Taormina con una forte postazione di artiglieria. Si profila un duro attacco frontale al nemico asserragliato in alto. Ma un ardito tenente regio, Michele Bellucci, con un drappello di volontari s’inerpica sui colli prendendo alle spalle gli sbigottiti rivoluzionari che si arrendono esterrefatti.

 

 

6 aprile

Superato l’ostacolo di Taormina si apre ai Regi la via per Catania dove stanno rifugiandosi tutti i rivoluzionari che arretrano, snidati anche dalle colline dal rastrellamento meticoloso ordinato da Filangieri. Nella città etnea c’è il duce polacco Mierolawsky con forze ingenti e determinate. L’impeto dei borbonici costringe l’accozzaglia soprattutto straniera a rinculare con asserragliamento finale in pieno centro nelle case dei civili. Si ripete in parte quanto accaduto a Messina perché qui i rivoluzionari sono superiori per numero e potenza di fuoco. Un terribile combattimento, anche corpo a corpo, è necessario per debellare il nemico con gravissime perdite da ambo le parti. Solo a tarda notte finalmente Catania ritorna alla sua Patria.

 

8 aprile

L’Armata di Mare parte da Catania per sondare la situazione nelle altre fortezze costiere dei porti meridionali dell’isola. Da Agosta a Siracusa, da Girgenti a Sciacca, da Marsala a Trapani è ovunque un’avanzata trionfale con i residenti che accolgono le navi regie con bandiere e manifestazioni di giubilo, liberandosi da soli di residui gruppetti ribelli,  dopo oltre un anno di spaventosa dittatura straniera.  Eppure a Palermo il 10 i menzogneri rivoluzionari hanno l’impudenza di affiggere un manifesto dove si magnificano inesistenti vittorie del loro forestiero esercito di mercenari e di costretti picciotti che diminuiscono sempre di più per le continue defezioni…

 

22 aprile

L’Armata di terra parte da Catania in due colonne per puntare su Castrogiovanni dove si era arroccato il nemico. La prima va alle spalle dell’Etna per Regalbuto e Leonforte; la seconda entra nella già redenta Caltanissetta e si dirige dalla parte opposta alla stessa meta.

25 aprile

Stretta nella morsa delle due colonne borboniche Castrogiovanni nell’assalto finale viene trovata incredibilmente evacuata dai rivoluzionari. Questi ultimi avevano minacciato una strenua resistenza facendo affluire rinforzi da Palermo, ma non hanno il coraggio di mettere in pratica il loro odio. Le bandiere duosiciliane entrano festeggiate dal popolo e seguirà poi a Caltanissetta una solenne celebrazione di ringraziamento nel Duomo alla presenza del duce Filangieri.

7 maggio

L’avanzata inarrestabile dell’armata di Filangieri, acuita dalla flotta che circonda il porto, getta nello sgomento il governo rivoluzionario di R. Settimo che si dimette sotto l’incalzare della volontà dei più di chiedere perdono e indulgenza a Ferdinando II. Mentre una delegazione si reca nella Sicilia Citra per consegnare la supplica, coloro che non hanno nulla da perdere decidono di resistere. I black bloc, i delinquenti comuni e i più collusi della criminale dittatura rivoluzionaria escono il 7 da Palermo attestandosi verso Mezzagno per attaccare i Regi che vengono dalla strada di Misilmeri.

8 maggio

A Mezzagno vi sono i primi violenti scontri con i ribelli asserragliati nelle case dei civili che rendono terribile il combattimento. A Gilbilrossa una compagnia al comando del cap. Gioacchino Auriemma è circondata da superiori forze nemiche ma, dopo un eroico corpo a corpo, riesce a sloggiare gli avversari. A fine giornata finalmente non si spara più alle porte di Palermo.

14 maggio

Lo sfondamento regio delle estreme difese rivoluzionarie costringe stranieri e caporioni a mettersi in salvo sulle navi estere imperdonabilmente idonee ad accoglierli. Altri collusi si nascondono come ratti e la città panormita freme nell’attesa del ritorno della legalità. Il 14 sui muri appaiono manifesti  che dichiarano la fedeltà ai Borbone e confortano la popolazione sui soldati che si accingono a liberarla da 17 mesi di dura tirannia. La comunicazione termina così: “I SOLDATI DEL RE NON VERRANNO DA CONQUISTATORI  O NEMICI, MA DA FRATELLI.” L’esercito di Ferdinando II è ormai non napolitano o siciliano ma finalmente duosiciliano.

 

15 maggio

 

Salutata ovunque dalla popolazione festante che espone i drappi bianchi borbonici entra trionfalmente in Palermo l’armata regia ponendo ufficialmente fine all’invisa rivoluzione. E’ passato esattamente  un anno dalla vittoria a Napoli il 15 maggio 1848. Rilevante coincidenza che congiunge le due capitali nel medesimo giorno facendo ad esse ritrovare la via della unità, della legittimità e del vero progresso. Prima della catastrofe della malaunità le Due Sicilie vivranno infatti il periodo più opulento e splendido della loro storia trimillenaria. Quel 15 maggio 1849 finalmente si poté dire “successe il ‘48” nel senso di passato remoto per un’esaurita esperienza allucinante che tutti gli uomini di buona volontà anelano a dimenticare per sempre!