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NOTE AL CONGRESSO DI CASALDUNI DEL 22-23 GIUGNO 2013

Il Congresso di UM a Casalduni non è stato un raduno deja vu di meridionalisti come da vent’anni spesso è accaduto e com’è stato commentato da ingiustificabili assenti  o addirittura da sprovveduti presenti. Se chi scrive vi ha partecipato, dopo aver vissuto quasi tutte le esperienze citate, significa che ha ravvisato qualcosa di nuovo che va opportunamente precisato. Nell’assemblea titernina è stato già naturalmente affrontato questo fondamentale argomento, si tratta adesso di integrarlo per l’auspicabile divulgazione.

Si possono ridurre essenzialmente a tre gli elementi innovativi del progetto partito da Casalduni:

  1. Presenza di meridionalisti del terzo millennio, uniti agli altri del passato per l’amore per la propria terra ma separati nettamente da loro da alcuni presupposti basilari,  come il superamento della famigerata questione meridionale che nasce e si sviluppa totalmente nella malaunità italiana
  2. Revisione storica dell’ultimo quarto di secolo che ha ribaltato prepotentemente i luoghi comuni spregiativi dell’era borbonica, riabilitando completamente il Regno delle Due Sicilie visto, finalmente, come la più elevata espressione di sovranità, modernità e benessere dei nostri progenitori
  3. Nascita di una nuova generazione cresciuta ancora nella cultura di regime anti-meridionale ma con in sottofondo le irresistibili critiche di coloro che conoscono la vera storia della nostra terra.

Amalgamando perfettamente questi fattori scaturisce la maturità dei tempi per lanciare un messaggio poderoso e inaudito alla società dell’attuale sud Italia, immersa in una crisi infinita e scettica verso ogni esperienza già constatata in 152 anni di inconfutabile colonizzazione. Si apre quindi una strada nuova che nessuno ha mai percorso sinora che parte dagli sfaceli risorgimentali e punta all’obiettivo del riscatto degli odierni meridionali in una forma tutta da definire e da sperimentare che non esclude alcuna possibilità, sempre nell’ambito della legalità e della non violenza. Per cambiare le cose non occorre tanto entrare in competizione politica quanto trovare il mezzo per far passare alla massa di delusi il novello messaggio che proprio per la sua novità non potrà che condurre che ad esiti diversi da quelli soliti che ci angustiano dal 1861 in poi. Un metodo dibattuto ed acclamato per questo fine è la preparazione alle elezioni europee del maggio 2014. Chi possiede buona volontà avrà ormai compreso che cosa voglio dire, parimenti avrà capito che i tanti riferimenti al Regno delle Due Sicilie e ai Borbone sono disgiunti da nostalgie monarchiche perché solo intrisi di orgoglio e buona amministrazione. Esse sono giusto le carenze di cui soffriamo terribilmente oggi…

Approntare la competizione elettorale dell’anno prossimo vuol dire tante cose:

  • Svincolare l’elettorato dalla subornazione nei confronti delle pressioni locali capaci di condizionarlo
  • Attivare a pieno tutti gli aderenti, con la raccolta firme,  saggiando la loro capacità aggregativa e di convincimento
  • Creare una struttura di attivisti, simpatizzanti e firmatari solo apparentemente rivolta alle elezioni comunitarie perché polivalente e quindi buona per le tante e diverse  battaglie che ci attendono
  • Divulgare simbologia e ideologia identitario-meridionalista per stanare i molti che non osano proporsi da reclutare agevolmente in quella metà abbondante dell’elettorato che non vota più e certamente pure in tutta la comunità del Sud.

Come il legittimo parlamento delle Due Sicilie è il forum civico-culturale in cui dibattere i problemi dell’attuale Mezzogiorno d’Italia con apertura a gruppi anche politici per pungolare le istituzioni e trovare solidarietà su singoli progetti contingenti, così UM deve sempre più divenire il laboratorio politico in cui riunire gruppi non solo politici per organizzare assieme l’entrata in competizione elettorale, ultima spiaggia dei popoli meridionali.

Mai più vi sarà un insieme di meridionali giovani e anziani, esperti e neofiti, tolleranti e legittimisti legati dalla consapevolezza che l’amore per la nostra terra martoriata da 152 anni obbliga ad accantonare interessi e convinzioni personali per marciare finalmente allineati verso le mete idonee a mutare il trend che ci assilla dalla proclamazione della malaunità italiana: entrare nelle istituzioni per condizionarle, ridestare nella popolazione l’orgoglio e il coraggio per scalare, tappa dopo tappa, l’ardua salita che porta alla nostra indipendenza. Quell’orgoglio e quel coraggio che furono lo sprone che mosse i nostri antenati a lottare per oltre un decennio post-unitario per evitare la schiavitù in quella guerra civile infamata come brigantaggio che, volenti o nolenti, invocava il Re Borbone e la Patria delle Due Sicilie che aveva conosciuto ma intendeva gridare tutta la sua voglia di LIBERTA’, INDIPENDENZA e MISSIONE NEL MONDO da far ereditare a noi posteri che amava senza conoscere.

Vincenzo Gulì