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STRAGE DI SCURCOLA (prov. Abruzzo Ultra 2)

 

All’ inizio del 1861 si scatena un’offensiva nell’Abruzzo Ultra 2 ad opera del col. Francesco Luvarà, calabrese, dell’avvocato Giacomo Giorgi e di un gruppo di ufficiali in servizio a Gaeta, con un paio di compagnie dell’11˚ Cacciatori, volontari francesi sotto il conte de Coataudon  e una forte rappresentanza dei primi briganti locali. A Tagliacozzo una colonna fa scappare il presidio sabaudo  e rialza la bandiera borbonica con grande giubilo popolare.  Da Avezzano parte la reazione che trova il piccolo esercito duosiciliano sotto il comando di Giorgi perché Luvarà era andato dal Re a chiedere mezzi adeguati. Contro la volontà degli altri ufficiali costui decide di liberare la vicina Scurcola.

Con trecento uomini (le fonti nemiche parlano di 356) i borbonici entrano nel paese e, dopo una breve sparatoria, la compagnia di presidio fugge a gambe levate. Troppo presto si festeggia con gli abitanti la riconquistata libertà perché i piemontesi li assalgono in forze in piena notte, mentre si riposano lieti per la vittoria conseguita . E’ una vera carneficina per i liberatori ospitati per lo più nelle case dei loro fratelli scurcolani. Una settantina si trovano nel convento della chiesa delle Anime Sante, all’entrata dell’abitato, e sono fucilati immediatamente senza pietà. I prigionieri sono concentrati vicino al cimitero, in un vecchio convento dei Cappuccini,  che sovrasta il paese;  solo Giorgi, con pochi altri, è riuscito a mettersi in salvo.  All’indomani, su diretto ordine del criminale torinese gen. Enrico Della Rocca, i catturati sono apparentemente mandati liberi a scaglioni e si affrettano nello scendere verso l’abitato. L’infame col. Pietro Quintini, romano, predispone delle compagnie di fucilieri ai lati che li fulminano ignominiosamente. I feriti sono finiti a baionettate. Un centinaio di borbonici è ammazzato nell’attacco notturno, un altro centinaio è trucidato con questa sorta di tiro al piccione, altrettanti scampano per il dispaccio da Avezzano di sospendere queste barbare esecuzioni. Sono tradotti al comando ma praticamente non giungono mai a destinazione…

I primi cadaveri furono bruciati nel largo del primo eccidio ma per  l’olezzo insopportabile e la fretta di far sparire i corpi anche degli altri si pensò di  trasportali in una fossa comune. Al ciglio di una stradina nella parte occidentale del paese sorgevano i resti di una vecchia cappella da tempo abbandonata. Assai pratico sembrò lo scaricarli dal dirupo a sinistra della carreggiata nei ruderi per poi far crollare il tutto e nascondere le prove dell’atrocità e della barbarie dei predoni sabaudi.

Da allora una cortina di silenzio è scesa sul tragico e ignobile evento. Nessuno ha più parlato di quei poveri soldati che lottavano per la propria patria invasa e per il proprio re resistente a Gaeta. L’oppressione culturale italo-piemontese  si è affinata nel tempo stravolgendo i fatti e considerando solo meri briganti almeno quella parte minore dei fucilati che non è stato possibile occultare.  Per vizio acquisito o per un macabro e inconscio rito di memoria gli abitanti hanno fatto diventare quel posto una sorta di discarica dei materiali più disparati.

Un gruppo di patrioti duosiciliani ha finalmente deciso di andare alla ricerca dei resti di questi nostri antenati, eroi dimenticati della conquista nord-italiana spacciata per unità nazionale.  Avendo circoscritto l’area ove dovrebbe trovarsi la sepoltura collettiva, era necessario munirsi di persone capaci e strumenti idonei per cominciare l’indagine.  In una calda domenica di fine novembre questa squadra di coraggiosi si è recata volontariamente a Scurcola, unendosi ai locali ed effettuando per la prima volta una ricognizione a tappeto in zona. Purtroppo nessun ritrovamento sperato ma molti più indizi per restringere  l’area e riuscire nell’ardua impresa.  Sarà prima di tutto necessario avere l’ubicazione precisa di quella chiesetta sconsacrata, perché nella sua superficie sicuramente vi saranno le spoglie dei regi borbonici.  Il lavoro prosegue allora negli archivi civili e religiosi per un risultato che avrà una rilevanza enorme, un colpo decisivo al sistema di menzogne che ci attanaglia da 154 anni. [V.G.]