Sabato 16 novembre Napoli ha vissuto un pomeriggio particolarmente esaltante. Che fosse un giorno speciale l’aveva fatto capire anche il tempo imponendo una pioggia inusuale per la città del sole che ha bersagliato senza interruzione il fiume di persone riversatosi nell’ex capitale borbonica per protestare contro il disastro ambientale tollerato, se non favorito, dalle istituzioni di ogni livello. Ma quasi centomila partecipanti non potevano essere irretiti dal maltempo perché attratti magicamente dal canto della sirena Partenope che li voleva lì al di là dei loro obiettivi dichiarati. L’interminabile corteo aveva in testa il grido di dolore delle vittime della Terra dei Fuochi e l’accusa imperdonabile verso i politici tutti collusi. Quello che seguiva andava finalmente al cuore del problema. Una serie interminabile di cartelli e striscioni inchiodava apertamente lo stato alle sue responsabilità. Qualcuno ha avuto l’ardire di urlare all’indipendenza come unica soluzione, dati i 152 anni di persecuzione anti-meridionale di tutti i governi italiani da Cavour a Letta. Slogan in tal senso sono stati cantati a squarcia gola per tutto il tragitto dagli attivisti sotto le bandiere con cui i nostri antenati briganti combatterono invano per oltre dieci anni per salvare la loro e la nostra libertà.
I meridionalisti erano naturalmente in minoranza (e ancor meno i nuovi briganti, cioè quelli che si ispirano alle Due Sicilie)però ben pochi in effetti ne mancavano all’appello per un misto di scetticismo, ignavia, paura delle intemperie materiali e spirituali. Ma i comportamenti di quelli presenti va raffrontato con quello dei non meridionalisti, cioè della stragrande maggioranza dei manifestanti. Una parte (trascurabile in tutti i sensi) di coloro che si professano meridionalisti era lontana non solo fisicamente dalle falangi attiviste perché si è guardata bene dall’appoggiarle o dall’imitarle. In tal modo si è allineata ai protestatori “ben pensanti” che credono di poter cambiare le cose con una marcia perché si illudono che le istituzioni si inteneriscano (o addirittura intimoriscano) per le manifestazioni di piazza. Ovviamente la maggioranza dei convenuti è di questa opinione, che, come la storia italiana insegna, non conduce assolutamente a nessun miglioramento sostanziale e duraturo. Questa naturalmente è la forma di contestazione che le istituzioni prediligono perché soddisfa sia le vittime, per la visibilità (i soliti noti se la stanno inventando persino da casa…) e i contentini ricevuti, sia i carnefici, per continuare a fare i propri sporchi comodi. Ma è l’ empatia inattesa e ripetuta tra gli attivisti e una parte crescente dei tanti non meridionalisti che deve essere risaltata. In tanti, troppi, hanno sorriso benevolmente leggendo i più estremistici cartelli, si sono uniti a slogan un tempo oggetto di arresto , hanno guardato con occhi profondi le bandiere duosiciliane ed esecrazione qualche sporadico tricolore. Si sono udite, non stimolate, addirittura grida di Viva ‘O Rre!
In conclusione è importantissimo che la bandiera delle Due Sicilie sia ormai vista come unico punto di riferimento per i problemi del Sud, senza nessuna relazione diretta con la monarchia o un singolo raggruppamento politico-culturale. I media, dimostrando anche in questa occasione di essere tutti uguali, con grande maestria hanno fatto sparire dai commenti e dalle immagini le centinaia di bandiere bianche gigliate , ma l’inquietudine che esse provocano nei benpensanti diventa ancora più opprimente e la loro diffusione e accettazione è ormai inarrestabile.
A Napoli sabato non sono tanto tornati i borbonici quanto i briganti. Uno stupendo cartello recitava “da emigranti a briganti”, cioè invertendo il celebre epilogo della guerra di brigantaggio che costrinse i nostri avi ad un esodo biblico, mai più interrotto, dopo l’inesorabile e sanguinosissima sconfitta. Esso significa che se si vuole far rinascere questa Terra (bloccando la sua piaga più famosa, l’emigrazione, ormai endemica) occorre ridiventare padroni di noi stessi. Quelli che hanno preferito il silenzio, il tepore casalingo o le paturnie da tastiera rimandano tutto alle venture generazioni, per salvaguardare la loro tranquillità. Gli altri, invece, non si fermeranno, smascherandoli, distanziandoli e isolandoli sempre di più, convinti più che mai che s’adda succedere, succedarrà!
V.G.
Comunicato stampa sul Fiume in Piena del 15-11-2013
Il legittimo Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud ® (progetto civico-culturale debitamente registrato dell’ass. cult. Neo Borbonici Attivisti) è naturalmente coinvolto nella tragedia che colpisce orrendamente le popolazioni meridionali per il dissesto del territorio voluto dagli industriali del nord e dalle loro forze mercenarie della criminalità organizzata. A tale scopo sarà presente sabato 16 novembre alla manifestazione Fiume in Piena che diversi comitati e gruppi terranno a Napoli per il grido di dolore che si leva dalla Terra dei Fuochi.
A tal fine comunica le proposte fatte dalle sue commissioni di lavoro per dare immediate soluzioni alla terribile crisi che ci attanaglia:
- Bloccare i prossimi sicuri scarichi di rifiuti proibiti nei propri territori con o senza le istituzioni
- · Rivitalizzare la propria agricoltura affossata definitivamente da una perfida campagna mediatica, con la mappatura delle tantissime zone sane e l’attuazione del chilometro zero.
Ufficio Stampa
Volantino distribuito alla manifestazione