logoMercoledì 22 luglio grande appuntamento a Rionero (prov. di Basilicata, capocirc. del distret. di Melfi), città natale del grande Crocco, per parlare del brigantaggio nella suggestiva cornice del l’ex Grangia del convento di Santa Maria degli Angeli di Atella recentemente restaurato. Alle 19 il convegno-dibattito tra due studiosi del periodo i proff. Vincenzo Gulì e Antonio Polichetti.11745850_446321248888050_2657670661799314991_n

Saggiamente la Pro Loco ha fatto precedere alla successiva inaugurazione del Museo multimediale del brigantaggio (ore 20.30) l’incontro culturale per sfrondare i falsi luoghi comuni che persistono su questo fenomeno che riguarda gli antenati di quasi tutti gli odierni meridionali.

Un altro stereotipo da smontare è quello che definisce la splendida struttura riaperta per l’occasione “carcere borbonico“. Ebbene il convento fu violato e depredato sotto l’infausta occupazione francese di Gioacchino Murat (1808-1815) che usò le celle dei religiosi dispersi quali prigioni per gli insorti antifrancesi che tormentarono la sua permanenza nel regno usurpato. Con il ritorno del legittimo sovrano Ferdinando di Borbone la destinazione dell’edificio a casa di pena fu mantenuta internando però i delinquenti comuni. Dal 1861 fu carcere anche italiano. Non si comprende la definizione quando per i primi anni fu carcere francese, per i successivi 45 borbonico e per quasi un secolo italiano!

Segue una descrizione della grangia di uno studioso locale:

«…Quella realtà muraria a ridosso della Chiesa dell’Annunziata, prima che fosse adibita a carcere nei primissimi anni dell’800 per volontà di Murat e a seguito della confisca dei beni terrieri dei cappuccini, era una grangia, ovvero il deposito del convento di Atella. Un magazzino nel cuore della campagna dove, sazi, venivano custoditi attrezzi e prodotti alimentari. E come spesso accadeva, anche la grangia dei cappuccini di Atella, probabilmente era anche una fattoria intorno alla quale sicuramente sorgevano casupole di contadini e salariati a servizio dei monaci. Dunque, il primo nucleo di Rionero. Pare, poi, che la grangia fosse stata trasformata in luogo di riposo e oggi, dopo la funzione detentiva, possa tornare a splendere come luogo di svago dell’anima, sentito il parlare degli architetti», scrive Antonio Pallottino in Riqualificazione del centro storico. Recupero ex carcere, in “Partecipare”, n.3/4, maggio 1998. Si racconta inoltre che l’edificio sia legato ad un nobilissimo evento: dopo il terribile terremoto che distrugge il paese nel 1851 i detenuti, fuggiti dalle celle, non si danno alla macchia, ma si presentano alle autorità cittadine per offrire la propria disponibilità in soccorso di chi era rimasto sotto le macerie.

Fonte: http://www.artemagazine.it/architettura/61707/vicino-a-potenza-un-museo-nellex-carcere-borbonico/

Evento su: http://www.melfilive.it/news/Attualita/380255/news.aspx

11027442_447406598779515_8841408034383020925_nSerata trionfale nello splendido cortile della Grangia del Convento di S. Maria degli Angeli, finalmente esorcizzato dal nefasto appellativo di “carcere borbonico”. Il prof. Gulì ha dimostrato che, se lo si vuole ricordare come carcere, è un carcere italiano dopo oltre un secolo di punizioni a cominciare dai briganti risorgimentali dopo che Murat l’aveva adibito, dopo il saccheggio e la cacciata dei religiosi, subito a gabbia per i briganti antifrancesi. E’ stato un crescente successo per la memoria dei nostri antenati briganti a partire dal 1799 sino al grande Crocco. Nessuna voce contraria nè tra gli oratori nè tra il foltissimo pubblico che è rimasto in piedi. Ancora invece molto da lavorare per legare i nostri problemi attuali con l’orgoglio del nostro passato borbonico. Come si fa ad illudersi ancora che partendo dalle bugie dei vincitori e dei vetero meridionalisti, come il concittadino rionese Giustino Fortunato, si possa riscattare gli odierni discendenti dei duosiciliani?