ADREMEVUJ
Una radio privata ha lanciato lo slogan del titolo. Questa parola rovesciata campeggia da tempo nel calcio su sciarpe e striscioni dei tifosi napoletani che in tal modo dichiarano il loro odio eterno alla squadra torinese che arraffa loschi scudetti da una vita.
E’ questo lo spunto per fare un po’ di indagine in queste ore nelle quali impazza sui net work la polemica tra appassionati di calcio meridionali pro e contro la Juventus a seguito della sua sconfitta nella finale di Champions.
Sono roventi e infiniti i lazzi, gli improperi e le maledizioni lanciati da una parte all’altra. Altrove abbiamo già spiegato come il Napoli rappresenti ben più di una squadra di calcio, con le prove convincenti sintetizzabili nei fatti che il “nemico” principale è proprio la Juve di Torino e che quando la squadra azzurra ha spiccato il volo (come nell’era Maradona) ha visto moltiplicarsi esponenzialmente i suoi seguaci in tantissime province dell’attuale sud. Quando il sentimento sportivo tocca dimensioni assai più importanti accade una situazione del genere: siamo di fronte a una parte della nazione italiana che sceglie per simpatia la squadra del cuore mentre un’altra opta visceralmente per la squadra che rappresenta la sua terra d’origine. Se i primi avessero scelto senza pregiudizi, avrebbero simpatizzato anche per il Napoli del Pibe de Oro, come normalmente fanno i veneti per l’Inter o gli emiliani per il Milan. Invece non c’è stato nemmeno un abitante del centro-nord a farlo. Diametralmente opposto il comportamento di un meridionale che attua la sua opzione liberamente, se si eccettuano coloro che appartengono a quello zoccolo duro campanilistico-identitario visto innanzi.
Facciamo maggiore chiarezza: un centro-settentrionale sceglie o la squadra della sua città o un’altra che gli piace ma assolutamente della sua zona geografica; un meridionale sceglie o la squadra della sua città o un’altra che gli piace di qualsiasi area geografica. Da questa deduzione emerge inequivocabilmente il razzismo del nord verso il sud. Si innesta così questo becero sentimento con lo sport, con prove numerosissime come gli slogan e striscioni esposti contro il sud negli stadi. Ma il meridionale che tifa per una squadra del nord ha così forte la sua passione che ignora (colpevolmente) la dimensione razzistica che segue la scia di quella squadra.
Il caso più eclatante è proprio quello dei meridionali che tifano per la Juventus. Essi si affiancano ad altri che fanno discriminazione etnica ma, volenti o nolenti, fanno come lo struzzo che nasconde la testa nella sabbia per non farsi vedere e non ammettono l’evidenza appigliandosi al solo sentimento sportivo. Lo zoccolo duro di cui si parlava sopra si trova già in un livello superiore e quindi è in grado di avvertire agevolmente l’odio razziale reagendo di conseguenza, arroccandosi ancora più tenacemente al Napoli a prescindere dai suoi (pochi) successi.
Esiste però un’ulteriore differenziazione tra napoletani pro e contro la Juve, estendibile ai napolitani e siciliani, cioè ai meridionali tutti. La punta dell’iceberg sociale che rappresenta quelli di “adremevuj” si sta colorando sempre di più con le insegne borboniche e anti-italiane; gli altri sono quasi tutti anti-borbonici e completamente orgogliosi di essere italiani. Questa è una discriminante fondamentale per capire appieno l’argomento. Sin dal primo momento in cui napolitani e siciliani furono sconvolti dalla rivoluzione giacobina si è evidenziata questa divisione. Con l’invasione dei francesi del 1799 e del decennio e, più marcatamente, dei sabaudi nel risorgimento i duosiciliani serrarono con orgoglio ed eroismo immensi le fila per difendere la Patria, tranne una frangia quantitativamente piccola ma qualitativamente (per il supporto ricevuto) sempre più determinante, sino al trionfo del 1861. I giacobini della Nazione Napoletana del 1799, i collaborazionisti dei napoleonidi dal 1806 al 1815, i liberali risorgimentali voltarono subito le spalle ai loro fratelli e alla loro Patria per interesse personale o plagio mediatico. Cominciarono a vantarsi di essere diversi dalla (allora) maggioranza schiacciante perché non ancorati al vecchio mondo che cambiava “per la maturità dei tempi”: viva le franceserie, viva l’Italia unita! In effetti erano già un corpo estraneo alla società del tempo perché insofferenti all’equilibrio che vi regnava, capace di salvaguardare i più deboli dalla cupidigia dei più potenti come aristocratici e ricchi borghesi. Di conseguenza odio crescente verso i “briganti” come attestano le decine di migliaia di traditori e Guardie Nazionali che hanno sterminato gran parte della popolazione duosiciliana. Il disprezzo verso i “lazzari” e il popolino in genere, l’adulazione per le cose straniere (a cominciare dalla lingua) e la propria riconversione per piacere ai nuovi padroni sono state le caratteristiche di costoro che possiamo individuare anche al giorno d’oggi.
I tifosi meridionali della Juventus sono i liberal-giacobini del XXI secolo che si illudono di essere superiori perché affiliati ad una squadra (in Italia) supervincente e che in tal modo intendono ingraziarsi i padroni del nord con una chimerica integrazione. Sono gli eredi di quei traditori e ascari pronti ad ubbidire come fa il cane per avere l’osso dal padrone; di coloro che si sentono superiori perché attratti dall’esterofilia da opporre alle millenarie tradizioni locali; di quelli con l’intelletto totalmente modificato da non riuscire a scorgere le (minime) colpe dei loro corregionali e le (infinite) colpe dei colonizzatori tosco-padani.
Di nuovo lazzari contro giacobini come nel periodo più eroico della storia di questa grandissima capitale. La differenza è che si simula la lotta armata in campo calcistico (quando qualche testa calda non risale alle origini…). Ma quell’antitesi permane e pesa enormemente scatenando le più antiche e inguaribili contese.
Ci vorrebbe un processo sociale di abreazione, concetto fondamentalmente connesso al modello psicoanalitico, con il raggiungimento della consapevolezza degli uni e degli altri delle cause del loro contendere. Molti giacobini diventerebbero lazzari e qualche lazzaro si ritroverebbe tra i giacobini. Torneremmo alle percentuali imparagonabili del nostro amatissimo e perduto regno. Forse tornerebbero pure i briganti e gli stadi sarebbero un crogiolo di orgoglio e di identità con cui avremmo tutto da guadagnare.
V.G.