IL FALSO PLEBISCITO

In una funesta domenica di 162 anni fa , 21 ottobre 1860, avvenne una sorta di consultazione elettorale, nei territori dell’invaso Regno delle Due Sicilie, chiamata Plebiscito. In base ai risultati pubblicati tutto fu annesso al Regno di Piemonte sotto Vittorio Emanuele II di Savoia. Questa fu l’unica apparente legittimazione della scomparsa dell’antico regno di Ruggero il Normanno per essere assorbito in quello di un’Italia ancora da istituire con l’Europa tacitamente consenziente e sorda alle proteste sacrosante dell’esiliato Re Francesco II di Borbone. 

Qui non si vuole fare la storia né della proditoria invasione internazionale partita con Garibaldi, né dei tradimenti altolocati che impedirono la difesa della patria duosiciliana. Si  vuole invece con testimonianze, documentazioni e analisi critico-numerica dimostrare  tutta l’assurdità, l’indifendibilità e l’irritualità della votazione.

Innanzitutto bisogna affermare l’improprietà totale del termine plebiscito, vera trappola semantica. Ciò perché  nell’accezione comune significa un consenso popolare quasi unanime  e, giuridicamente, l’espressione del popolo tutto su nuovi ordinamenti istituzionali. Ambo i concetti vediamo subito che sono ampiamente inconsistenti. Alla metà dell’Ottocento votavano solo i maschi e per censo, quindi non si può parlare di popolo perché il corpo elettorale era solo una sua restrizione nettamente minoritaria. Infatti nella fattispecie su oltre 9 milioni di abitanti solo poco più di 3 milioni erano chiamati alle urne. I dati forniti dagli organizzatori mostrano il 35% della popolazione. Altro che plebiscito!

La scelta del termine e la sua pervicace persistenza sino ad oggi evidenzia palesemente in maniera crescente la perfida volontà di fuorviare l’opinione pubblica. Senza specificare i numeri, i vincitori di un “plebiscito” si arrogano facilmente il merito di aver ottenuto il largo suffragio popolare. Naturalmente più ci si allontana nel tempo e più forte diventa la credibilità di questi vincitori. Basterebbe per verificare intervistare  i passanti per la splendida piazza lordata dall’attributo “del plebiscito” a Napoli…

Ma uno scrutinio non controllabile come quello reso noto solo un paio di settimane dopo, dato il presumibile imbarazzo dei responsabili, è possibile revisionarlo anche posteriormente, passato un secolo e mezzo, analizzando i dati forniti dagli stessi realizzatori. I voti a favore dell’annessione, cioè del SI, furono dichiarati poco più di 1,3  milioni contro un’irrisoria (e sicuramente inventata per quanto si dirà in prosieguo) somma di 0,01 milioni (cioè 10 mila) per i NO. L’immediata considerazione che  ne risulta è, si ripete, che solo il 35% del corpo elettorale ha votato, dato che sul  totale di 3,325 mln solo 1,3 mln sono stati i SI, mentre i voti contrari sono irrilevanti. Ma le cifre si aggravano con le valutazioni che seguono. Nel tentativo puerile di elevare i votanti già orientati furono infatti ammessi a partecipare anche gli stranieri occupanti oppure osservatori. Venne in pratica aggiunto al criterio del censo, e della relativa tessera elettorale, quello politico della dedizione alla causa unitaria su conoscenze personali degli addetti. In tal modo anche i loschi figuri assoldati da Garibaldi in loco erano ammessi ai seggi assieme, come detto, agli stranieri. Inoltre, per le evidenti benemerenze di questo insieme supplementare era tollerata la votazione multipla nelle diverse sezioni della grandi città, come l’ex capitale. In conclusione da quel 35% va sottratto il numero consistente dei voti per “censo politico” che, da qualche testimonianza degli stessi ufficiali garibaldeschi (come il gen. Rustow) , erano capaci di moltiplicare 3 o 4 volte le scelte per il SI. Se si pensa agli oltre 50 mila uomini dell’esercito internazionale, alle migliaia di operatori e diplomatici stranieri, alle decine di migliaia di Guardie Nazionali e collegati, quella percentuale scende assai. Addirittura per la prima volta nella storia fu ammessa al voto una donna:  Marianna De Crescenzo, la famosa Sangiovannara, degna di cotanto rispetto per il suo mestiere e le sue aderenza messi al servizio dei liberali. Ma c’è ancora un ulteriore problema. Un ministro inglese, attento osservatore e quasi notaio delle tappe più rilevanti dell’impresa dei cosiddetti Mille, affermò pubblicamente che solo il 19% dei votanti si era recato alle urne. Occorre allora nuovamente correggere i valori. Se il 19% ha votato i voti massimi per il SI possono essere 627 mila! In tal modo otteniamo i voti degli stranieri, i voti multipli, i voti dei “simpatizzanti” per l’unità,  ben 693 mila. Ossia i voti a favore sono gonfiati più del doppio rispetto a quelli espressi alle urne. Sembrano troppi? In effetti lo sono, per gli “errori” di addizione (per eccesso) degli scrutatori…

Sfrondate parecchio le cifre del successo annessionistico solo un cocciuto impenitente potrebbe ancora riconoscere in quella specie di sagra paesana un probante referendum popolare degno di essere stimato un plebiscito!

Sotto il profilo del diritto pubblico ci sarebbe tanto da aggiungere ma riteniamo sufficiente questo elenco delle assurdità giuridiche in cui si è incorso quel maledetto 21 ottobre:

  1. Mancata tempestività nell’informazione in tutto l’ex regno del voto plebiscitario con zone del tutto neglette specie in Sicilia e nelle isole minori;
  2. Mancata segretezza del voto per dover prendere la scheda da votare da due urne, una con i SI e una con i NO, sotto lo sguardo truce di gente armata e malavitosa;
  3. Mancata consultazione nelle vaste zone controllate dai borbonici, come Alta Terra di Lavoro o le fortezze di Messina e Civitella;
  4. Indicazione ingannatrice nella scheda di annessione all’Italia, nazione inesistente di diritto e di fatto, mentre il beneficiario era il Piemonte sabaudo;
  5. Mancata votazione in decine e decine di comuni per reazioni spontanee alle violenze nei seggi verso temerari oppositori o alla stessa consultazione imposta contro la volontà popolare ;
  6. Preventivo decreto di attuazione del parlamento di Torino e della prodittatura di Napoli di un’annessione ancora da votare…

 

Insomma una sfilza di errori e orrori giuridici che dsitruggono irrimediabilmente la validità di questo sedicente plebiscito. Re Francesco non lo accettò mai, né lo fecero i suoi successori. Le Due Sicilie pertanto sono ancora legittimamente reali di diritto; il fatto invece le ha rese colonie dell’Italia, nazione sviluppatasi dal Piemonte senza sostanzialmente cambiare lo spirito imperialista che l’ha vista nascere. Così esistono ancora i Duosiciliani, ossia i Napolitani e Siciliani accomunati da 162 anni di vessazioni italiane, solo apparentemente ma sempre precariamente cittadini di uno stato straniero e ingiusto.

 

Vincenzo Gulì

 IMMAGINI DEL PLEBISCITO RIPRODOTTE SUI GIORNALI D’EPOCA