Dalla Segreteria Nazionale FNS  proviene l’accluso comunicato con il titolo emblematico ˝Diritto all’autodeterminazione!” che trova in questo legittimo Parlamento la massima e più attenta accoglienza nella sua sostanza. Napolitania e Sicilia, giustamente due nazioni senza stato , sono ormai accomunate da 153 anni di malgoverno italico da essere da esso confuse e sfruttate in egual modo. Noi, che conosciamo le identità e le diversità che le connotano, rileviamo semplicemente  che nel male siamo stati considerati un unico Meridione d’Italia senza diritti (o con parziali diritti mai riconosciuti come il famoso Statuto siciliano)e con il medesimo dovere di lavorare per il benessere dei padroni del nord. Se siamo dunque appartenenti alla stessa colonia,  dobbiamo assieme trovare il modo di riscattarci.

L’ autodeterminazione rappresenta certamente la via maestra ma essa dipende da diverse condizioni. Quelle indicate nella nota che si riferiscono ai competenti organismi internazionali ci trovano abbastanza scettici. La storia politica di oltre due secoli evidenzia l’ipocrisia di queste istituzioni, create  dagli stessi che stanno distruggendo siciliani e napolitani. Come possono ragionevolmente essere credibili? Quante volte hanno dimostrato di non rispettare le loro stesse regole quando si trattava di un tema delicato? Oggi esse sono la più raffinata invenzione per schiacciare la democrazia: quando uno stato va  nella direzione non gradita, intervengono per riportarlo nella rotta prestabilita (come per i vincoli della UE sulle spese pubbliche in relazione al debito statale); quando uno stato attua i loro programmi più impopolari, lasciano sistematicamente cadere ogni istanza  ancorché popolare (come per la triste vicenda dei rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi). E non conta citare esempi nel vecchio continente (come l’ex Cecoslovacchia) di paesi con storia e destini differenti. Napolitania e Sicilia costituiscono il caso più preoccupante di non allineamento ai poteri mondiali, di mancata normalizzazione a oltre due secoli di modernità, da cui è sorta la globalizzazione che ci assilla. Prima un genocidio terrificante per il cosiddetto brigantaggio post-invasione e una diaspora a livello biblico, adesso l’avvelenamento delle nostre terre per farcele lasciare ai migranti scientificamente sbarcati sulle nostre coste per soppiantarci. Noi non siamo Cechi o Slovacchi, e nemmeno Catalani o Scozzesi, siamo quelli che sconfissero la Rivoluzione a cavallo del XIX secolo, quelli che mostrarono al mondo un’amministrazione pubblica scevra da sfruttamento umano e pur idonea a competere con il perfido capitalismo anglo-sassone, siamo quelli ancora in grado di fare questi discorsi nonostante una catastrofe culturale senza eguali che ci flagella da quel letale 17 marzo 1861. Hanno tentato di cambiarci e di eliminarci, lo continueranno a fare sino alla nostra massima disfatta.

Sono i nostri popoli allora che si devono muovere ma l’intensità della revisione storica (energia atta a spostarli dallo stato comatoso in cui stanno)  che li ha pervaso è obiettivamente insufficiente. In Sicilia si è più consapevoli dello sfruttamento italico (come provano i tentativi reiterati e recenti di separazione) fino a trasformare in una sorta di abitudine l’anelito di libertà sovente quasi a scinderlo dalle azioni concrete per ottenerla. In Napolitania c’è molto meno consapevolezza ma anche minori rischi di assuefazione al desiderio libertario montante. In altre parole, nel territorio citrafaro  occorre un progetto nuovo, concreto e comune; in quello ultrafaro la divulgazione capillare del medesimo progetto. Man mano che esso si eseguirà, aumenterà la schiera di quelli che lo conosceranno, lo condivideranno e collaboreranno al suo successo.

Gli auguri per il nuovo anno avranno successo se saranno seguiti dall’impegno personale per cominciare a realizzarli.  I tempi sono propizi per stilare questo progetto. Ai promotori l’arduo compito di capitolarlo e di renderlo pubblico. Si aprirà in tal modo una falla nella mastodontica diga di menzogne che tiene le nostre nazioni schiave da 153 anni. L’imponenza della pareti non la salverà dal crollo ignominioso, quando una massa irresistibile di acqua s’infilerà nel suo punto critico, che si chiama semplicemente Verità. 

Vincenzo Gulì

Sovrintendente Generale

Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud®

NAPOLI Piazza Mercato, 45

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COMUNICAZIONE
della SEGRETERIA POLITICA NAZIONALE
di lu FRUNTI NAZZIUNALI SICILIANU “SICILIA INDIPINNENTI”
(FRONTE NAZIONALE SICILIANO “SICILIA INDIPENDENTE”)

RIFLESSIONI SUL DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE
DEI POPOLI E DELLE NAZIONALITÀ
ANCORA OGGI INGLOBATI IN STATI DOMINANTI.

GLI INDIPENDENTISTI DI LU FRUNTI NAZZIUNALI SICILIANU “SICILIA INDIPINNENTI” RICORDANO A SE STESSI ED AGLI ALTRI CHE LO STATUTO DELLE NAZIONI UNITE, ALL’ARTICOLO 1, RECITA: «I fini delle Nazioni Unite sono: […] Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’AUTO-DECISIONE dei popoli […]».

Ancora più chiaramente si espresse, trenta anni dopo, nel 1975, la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, nel corso della quale si sancì che «Gli Stati partecipanti rispettano l’eguaglianza dei diritti dei popoli e il loro diritto all’AUTODETERMINAZIONE, operando in ogni momento in conformità ai fini e ai principi dello Statuto delle Nazioni Unite» e che «In virtù del principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’AUTODETERMINAZIONE dei popoli, tutti i popoli hanno sempre il diritto, in piena libertà, di stabilire quando e come desiderano il loro regime politico interno ed esterno, senza ingerenza esterna, e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale. Gli Stati partecipanti riaffermano l’importanza universale del rispetto e dell’esercizio effettivo da parte dei popoli dei diritti eguali e dell’AUTODETERMINAZIONE per lo sviluppo di relazioni amichevoli fra loro come fra tutti gli Stati; essi ricordano anche l’importanza dell’eliminazione di qualsiasi forma di violazione di questo principio».

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Il “CASO CATALOGNA”.
Lo scorso 23 gennaio, a maggioranza, il Parlamento autonomo catalano approvò la Declaracion de Soberania, la Dichiarazione di Sovranità che, pur senza effetti immediati, avrebbe definito in maniera univoca il percorso verso il referendum per l’indipendenza della Catalogna.
Referendum inizialmente previsto per il mese di gennaio 2014, ma che sarebbe stato posticipato al 9 novembre dello stesso anno.
Il condizionale è rigorosamente d’obbligo!

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AUGURI CATALUNYA!

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Contro questa eventualità, reclamata a gran voce da qualche milione di liberi cittadini, si sono, infatti, schierati: il Ministro della Giustizia spagnolo Alberto Ruiz-Gallardón, che ha affermato: «Realizzare una consultazione di questa natura sarebbe contrario alla costituzione e allo statuto di autonomia della Catalogna»; il primo ministro Mariano Rajoy, che ha dichiarato: «Questo referendum è contro la Costituzione e non avrà luogo»; il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, secondo cui «L’unità richiede sforzi che tuttavia vale la pena di affrontare. Mi sono sempre opposto a ogni movimento separatista, nel mio Paese così come negli altri Stati»; la portavoce della Commissione Europea, Pia Ahrenkilde Hansen, che ha, infine, sentenziato: «Se una regione di un Paese membro dell’Unione Europea ottiene l’indipendenza piena dallo Stato di appartenenza, finisce automaticamente fuori dall’Ue e viene considerata un Paese terzo».

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Eppure, il “Diritto” è nato per regolare i rapporti interpersonali e le attività sociali.
A maggior ragione, questo “DIRITTO”, questo insieme di regole deve disciplinare e fare “funzionare” una “Nazione” intesa come COMUNITÀ. Ed è la stessa COMUNITÀ che si dota di nuove regole, dopo averle valutate, scelte ed accettate. Nessuno dovrebbe dimenticare l’asserzione di FRANTZ FANON, secondo il quale non si può fare INTERNAZIONALISMO saltando la TAPPA NAZIONALE.
Si comprendono, allora, l’attenzione ed il “rispetto“, da parte degli organismi internazionali, nei confronti del DIRITTO all’AUTODETERMINAZIONE!
Chi altri, estraneo ad una COMUNITÀ, ad un POPOLO, potrebbe limitare o, addirittura, negare la fruizione di questo DIRITTO? E sulla base di quale altro DIRITTO?

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Sono, piuttosto, specifici doveri delle ISTITUZIONI internazionali e degli Organismi sovranazionali quelli di NON impedire e di NON intralciare la concreta applicazione dei Diritti fondamentali dell’UOMO e dei POPOLI, che vanno di pari passo con il principio dell’AUTODETERMINAZIONE dei Popoli stessi, la libertà, per ciascuno, di scegliere l’assetto costituzionale più adatto alle rispettive esigenze. Ed anche, anzi soprattutto, con la rivendicazione del DIRITTO all’INDIPENDENZA, particolarmente sentito dai Popoli e dalle Nazionalità che, spesso con la violenza e l’occupazione militare, sono stati privati della rispettiva STATUALITÀ e che sono, oggi, “NAZIONI SENZA STATO.

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L’applicazione in concreto del diritto all’AUTODETERMINAZIONE, in particolare, è storicamente servito a facilitare il processo di DECOLONIZZAZIONE, favorendo l’indizione di libere elezioni, la promulgazione di nuove Costituzioni, la scelta libera, consapevole ed indipendente delle forme di governo.
Ciò è stato vero per tanti Stati ex coloniali, ma anche per confederazioni, federazioni ed unioni di Stati europei, come nel caso di Slovenia, Croazia o delle altre regioni dell’ex Jugoslavia, Kosovo compreso.
È accaduto per Slovacchia e Repubblica Ceca e per tanti altri Stati, oggi indipendenti, che pure avevano fatto parte, volenti o nolenti, dell’Unione Sovietica.
Ma pare che ciò non possa accadere, ad esempio, per Catalogna o Scozia!

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PARLIAMO UN PO’ DELLA SICILIA.
La Sicilia ed il Popolo Siciliano hanno una storia plurimillenaria, che è fatta anche di 686 orgogliosissimi ed ininterrotti anni di indipendenza, dal 1130 al 1816.
Indipendenza riaffermata, seppure per periodi brevi (ma comunque significativi), nel biennio 1820-1821, nel 1837, nel biennio 1848-1849, nonché prima, durante e dopo il cosiddetto plebiscito del 21 ottobre 1860 (le cui illegittimità e falsità sono riconosciute anche dai nostri avversari). E l’indipendenza fu rivendicata anche nel corso della rivoluzione del “Sette e mezzo” (da 15 al 22 settembre 1866).

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La prima assise del Parlamento Siciliano risale al 1097, a Mazara del Vallo!
La bandiera siciliana, invece, ha “solo” 731 anni!

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La storia post unità della Sicilia, del Popolo Siciliano, è fatta, insomma, di tante stragi e di rivolte sedate in maniera troppe volte cruenta. E che semplicemente possono o dovrebbero rafforzare nel Popolo Siciliano la consapevolezza di sé, della propria compattezza, l’orgoglio dell’appartenenza ad una specifica, irrinunciabile, IDENTITÀ NAZIONALE SICILIANA.

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Dopo l’annessione del 1860, più volte, la Sicilia ha sfiorato il raggiungimento dell’INDIPENDENZA. Si pensi al successo conseguito dall’Indipendentismo Siciliano negli anni Quaranta del secolo scorso.

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La Sicilia è oggi, a pieno titolo, una colonia interna allo Stato italiano, da utilizzare come fonte di materie prime (che siano il petrolio o le altre ricchezze del sottosuolo, i prodotti agricoli o la forza lavoro) e come mercato di sbocco e di consumo dei prodotti finiti provenienti da altrove. Una vera e propria colonia, alla quale è impedito di mettere a punto una strategia specifica per la propria crescita economica e per lo sviluppo.

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Per i suddetti principi di Diritto internazionale, oggi sostanzialmente riconosciuti, il Popolo Siciliano ha diritto all’AUTODETERMINAZIONE. Diritto che si potrà estrinsecare nei modi e nei termini che, al momento opportuno, saranno concordati. E tra i quali non mancheranno il consenso e la partecipazione della maggioranza dei Siciliani.

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Quali conclusioni si possono trarre in merito al dibattito in corso sulla vessata “QUESTIO” del diritto all’autodeterminazione?

Innanzitutto, è da evidenziare come il concetto di autodeterminazione di un popolo rappresenti, ancora oggi, uno dei punti più dibattuti e delicati del Diritto internazionale, probabilmente in virtù della sua forza dirompente e di una portata potenzialmente illimitata nelle conseguenze giuridiche e politiche che potrebbe comportare … Ovviamente e di proposito si esagera.
Del resto, lo stesso utilizzo del termine “Popolo” è spesso enfatizzato. Per la dottrina dominante, infatti, solo gli Stati sono soggetti di diritto internazionale, mentre il “popolo” è inteso più che altro come mero beneficiario. Ma non si riconoscono facilmente i diritti che potrebbero essere antitetici rispetto a quelli dello Stato cui appartiene il Popolo interessato di volta in volta alla questione.
Ed è proprio per questo che, se è da un lato vero che la Carta dell’ONU fu il presupposto su cui si fondò il processo di decolonizzazione successivo alla Seconda Guerra Mondiale, riconoscendo ai “popoli” interessati uno status di nuovo soggetto di diritto internazionale, indipendentemente dalla volontà dello Stato da cui dipendevano o di cui facevano parte, è altrettanto vero che lo stesso diritto all’autodeterminazione è stato negato con maggior forza nei casi in cui potessero essere intaccati gli interessi delle maggiori potenze.
La conseguenza finale è consistita nel consolidamento di una posizione ambigua che, in sostanziale contrapposizione al diritto all’autodeterminazione, sanciva la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati indipendenti, purché retti da un governo democratico. Concetto suscettibile, come ovvio, di interpretazioni assai libere! E spesso smentito dall’incalzare degli eventi.

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Ma non può e non deve negarsi che il fondamento stesso su cui deve poggiare uno Stato democratico consiste proprio nell’”elasticità“, nell’adattabilità, nell’evoluzione del suo ordinamento. E, in primis, nella modificabilità della sua stessa Costituzione, tenendo conto delle esigenze inderogabili dei popoli interessati.
Ed è proprio in virtù di questa spontanea e consolidata giurisprudenza internazionale di fatto, che prevede l’accettazione del diritto all’autodeterminazione ed all’indipendenza anche in quegli ordinamenti costituzionali che, inizialmente, non lo prevedevano, che abbiamo assistito, finanche negli ultimi decenni e nella stessa Europa, alla creazione di nuovi Stati, le cui popolazioni hanno preferito “uscire” da precedenti realtà politiche unitarie. In molti casi, senza colpo ferire, in maniera pienamente consapevole, democratica, pacifica.

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Il nostro augurio è che questa prassi possa valere anche per la Catalogna e per le legittime aspirazioni del Popolo Catalano. Sarebbe, questo, il trionfo della democrazia e dello spirito che anima e legittima le Costituzioni degli Stati che aderiscono alla U.E. ed all’O.N.U.. E che esalta i rispettivi ruoli di queste istituzioni sovrastatali.

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Legittime aspirazioni e legittimi riconoscimenti che, consentitecelo, valgono anche per la Sicilia e per il Popolo Siciliano, storicamente caratterizzati da una plurisecolare tradizione di “indipendenza” che, nelle varie epoche, portò benessere, progresso, modernità, apertura al mondo.

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Va da sé che l’attuale condizione di “colonia di fatto” della Sicilia ed il tradimento e/o l’ascarismo della maggioranza dei partiti, degli esponenti politici, dei movimenti autonomisti e pseudoautonomisti e via dicendo, oggi dominanti in Sicilia, NON delega e NON autorizza questi ultimi, né MAI li delegherà e li autorizzerà, a rinunziare al diritto all’INDIPENDENZA.
Per lo stesso principio, nessuno è autorizzato a smembrare l’attuale territorio della Regione Siciliana in due, o in tre, o in quattro, o (addirittura!) in cinque regionicchie. E per le quali è lecito sospettare che potrebbero essere finalizzate a fare scomparire, anche geograficamente, l’unica, vera, grande SICILIA, tuttora soggetto attivo, anche in materia di politica internazionale.

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E la politica politicata italiana del DIVIDE ET IMPERA, adottata con crescente malafede, non prevarrà sulla riacquistata coscienza “nazionale” del Popolo Siciliano.

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Mentre il fallimento della politica “regionale”, la mancata applicazione dello Statuto Speciale di Autonomia, la violazione del PACTUM (stipulato, di fatto, nel 1946 dai rappresentanti dell’Indipendentismo siciliano, – tra i quali anche alcuni esponenti del Separatismo armato -, ed il Governo italiano nella sua interezza), le speculazioni politico-finanziarie che imperversano senza pietà anche sulla Sicilia, i dati statistici sull’arretramento economico e produttivo della Sicilia, nonché la necessità di RESISTERE, contrastandola adeguatamente, alla GLOBALIZZAZIONE selvaggia, rendono più che mai attuale ed urgente la soluzione della QUESTIONE SICILIANA in termini di Indipendenza.
Una “soluzione” per la quale l’FNS “Sicilia Indipendente” si batte con lealtà, nel rispetto della regola democratica e dei principi costituzionali vigenti in Italia ed in Europa, con metodi pacifici e con grande determinazione. E senza … COMPROMESSI di alcun genere.

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L’FNS “Sicilia Indipendente” ritiene altresì che, nel reciproco rispetto delle diversità e delle identità, alla soluzione indipendentista si dovrebbero avviare anche i Popoli della NAPOLITANIA. I Popoli, cioè, della parte continentale dell’ex Regno delle Due Sicilie che subirono, nel 1860, contemporaneamente alla Sicilia, l’”onta” della conquista Anglo-Sabaudo-Piemontese-Ungherese-Garibaldina, camorristica e mafiosa. E delle distruzioni, delle violenze, delle deportazioni, delle stragi che ne seguirono.
Anche i fratelli della Nazione Napolitana subirono, come noi, la tragedia della riduzione in colonia interna del Regno d’Italia, dalla quale, nonostante i tanti rivolgimenti politici ed istituzionali, non sono ancora venuti fuori.
Una reciproca collaborazione ed una strategia concordata e convergente sarebbe opportuna, considerati anche il ruolo e le ramificazioni degli avversari, accaniti, del risveglio e della rinascita delle due “NAZIONALITÀ SENZA STATO” (Sicilia e Napolitania), oggi dominanti al di qua ed al di là del FARO.

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AUGURI SICILIA!
AUGURI NAPOLITANIA!
Ed AUGURI alla CATALUNYA ed alle altre “NAZIONI SENZA STATO”!

A N T U D U !

Palermu, 27 dicimmaru 2013

per la Segreteria Nazionale FNS
Giuseppe SCIANÒ
Arturo FRASCA

FRUNTI NAZZIUNALI SICILIANU “SICILIA INDIPINNENTI”
FRONTE NAZIONALE SICILIANO “SICILIA INDIPENDENTE”
Via B. Latini, 26 – 90141 PALERMO – Tel. 091 329456
email: fnsnews1282@libero.it
sito web: http://fns-siciliaindipendente.org

COMMENTO DEL VICEPRESIDENTE GIANNI MADULI

Dal Fronte Nazionale Siciliano – Sicilia Indipendente riceviamo questo bell’articolo a firma di Giuseppe Scianò e Arturo Frasca che volentieri pubblichiamo; articolo che tratta anche delle condizioni della Napolitania e delle possibili ed auspicabili relazioni fra i due popoli Siciliano e Napolitano. In qualità di V. Presidente del Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud®, non posso che accogliere con gioia questo messaggio, certo che i popoli meridionali tutti, Napolitani e Siciliani, nella loro interezza, sapranno cogliere l’importanza di quanto in esso contenuto.

Il Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud® da sempre ha fatto dell’unità nelle battaglie di tutti i popoli meridionali, nel rispetto delle specifiche identità, uno dei suoi scopi preminenti. Il messaggio sotto riportato non può quindi che trovare ampia disponibilità e partecipazione, consapevoli che le problematiche e le aspettative della Napolitania e della Sicilia sono comuni e condivise e che l’avvicinamento dei due popoli, peraltro legati da una storia plurimillenaria, oltre a confermarla, si pone quale elemento qualificante e di rafforzamento delle comuni istanze.

Giovanni Maduli