L’11 novembre 2021, esattamente a 215 anni dalla morte, un gruppo di appassionati di storia della vera patria onorerà il primo e il più famoso dei “briganti”: FRA DIAVOLO. Alle 19 nella piazza Mercato che vide la sua eroica e coraggiosa fine per mano degli invasori francesi.

Video della commenorazione del prof. Gulì

 

Il paragrafo a Lui dedicato nel libro curato da V. Gulì IL FERRO E IL FUOCO DEL NEMICO ESERCITO FRANCESE.

  • Fra’ Diavolo

 

Come già evidenziato, Michele Pezza, detto Fra’Diavolo, è stato l’inventore della guerriglia e quindi il padre di tutti i difensori del Trono e dell’Altare che nel regno di Napoli sono stati appellati lazzari o briganti dai conquistatori stranieri. Le sue gesta vanno dal 1799 al 1806 (anno del suo martirio) e riguardano entrambe le invasioni francesi.

Dall’agguato al fortino di S. Andrea presso Itri parte la lotta contro lo straniero dopo che l’esercito regio di cui faceva parte torna da Roma e viene sbandato dal gen. Mack. Aderisce all’armata della Santa Fede e riesce a formare un vero e proprio reggimento sotto i gigli dei Borbone, organizzato militarmente che domina la Terra di Lavoro e la rende infida al nemico. L’audacia e il valore dell’imprendibile capobrigante crescono parallelamente alla sua fama tra amici e avversari. E’ così temerario che non esita ad entrare nella Napoli in mano alla repubblica giacobina per tessere complotti con i filo-borbonici. Diventa presto un interlocutore di Casa Reale per tramite del cap. Troubridge, un inglese incaricato di fomentare la resistenza. Dalla Terra di Lavoro a tutte le province campane Fra’ Diavolo è il capo carismatico (per gli insorgenti) e terribile (per gli oppressori) che appicca fuochi di rivolta in ogni dove. In attesa di Ruffo, dal 25 al 27 aprile entra in Avellino  mettendo definitivamente in fuga i traditori repubblicani. Partecipa quindi alla presa di Napoli il 13 giugno e al conseguente trionfo dei sanfedisti.

Quando il tempo è propizio gli viene conferito l’incarico di assediare la fortezza di Gaeta che si era arresa all’invasione per l’insipienza del maresciallo svizzero Tschindy.  In tale occasione Michele gestisce talmente con maestria le sue masse che si diffonde in tutta la nazione il suo carisma di uomo forte e leale alla monarchia. Dopo la resa degli assediati il 31 luglio, il card. Ruffo lo manda a liberare Roma ancora preda dei rivoluzionari, tutte queste benemerenze conducono il 24 ottobre del ’99 alla sua nomina a colonnello dell’esercito regio. Da brigante era finalmente un alto ufficiale di S. M. Ferdinando di Borbone.

La liberazione di Roma non avviene senza le solite vendette contro gli avidi giacobini locali (come ad Albano) ma avviene costantemente tra un tripudio popolare che scorge nel col. Pezza e nei vessilli gigliati le ali della civiltà e della redenzione. La diretta protezione dei reali scagiona Fra’ Diavolo da ogni imputazione ad arte montata da qualche invidioso contro di lui che può quindi tranquillamente godersi titoli e gloria con la sua famiglia di Itri.

Alla seconda invasione francese il col. Pezza risponde con prontezza arruolando quanti più uomini poteva ed è nominato capo dei Corpi Volanti di Terra di Lavoro. Entra in contatto con il comandante della piazzaforte di Gaeta, che non si era arresa ai francesi,  principe di Hassia Philipstadt. Tra i due c’è una collaborazione tanto efficace da divenire l’incubo del re posticcio Giuseppe Bonaparte. L’antico Fra’ Diavolo con le scorribande e le sue sortite entusiasmanti pone in serie difficoltà gli imperiali francesi. Da leggenda è l’atto eroico che compie allora una semplice ragazza, Maria Scarnico, che ottiene dal Governatore il permesso di assalire da sola una postazione di cannoni francesi per renderla inoffensiva riuscendo con grande giubilo generale.

Fra’ Diavolo conduce una guerriglia quasi personale contro le truppe del grande generale Massena, infliggendo perdite e smacco ai soldati invasori. Ancora una volta il suo nome corre di bocca in bocca fino a Parigi. Invano Re Giuseppe cercava di rabbonire Napoleone nei suoi dispacci. Il corso  esigeva l’immediata cattura di Frà Diavolo, “chef de brigands”, come lo appellava.

L’arma preferita dai giacobini, la calunnia, viene largamente adoperata alla caduta anche Gaeta (18 luglio 1806),  quando il ministro corso di polizia Saliceti fa spargere la mendace notizia della corruzione del Pezza nell’aprire le porte della fortezza. Michele ripara in Sicilia dove fortunatamente conoscono bene la sua lealtà e gli conferiscono pure il titolo nobiliare di duca di Cassano.

Immediatamente Massena porta l’esercito in soccorso dei colleghi Verdier e Regnier in grosse difficoltà contro i “briganti”nelle Calabrie. Gli ordini di re Giuseppe sono terribili dando al generale carta bianca di assassinio e saccheggio verso i resistenti per re Ferdinando. La cittadina lucana di Lauria sperimenta la ferocia transalpina e viene devastata dalla furia barbarica che arriva fino a bruciare vivi gli abitanti nelle case. Ma se nei paesi i Francesi facevano il proprio comodo, fuori di essi erano martoriati dalle bande che li tenevano perennemente in ambasce. Da Palermo il prode Pezza intuisce che è opportuno allentare la morsa gallica e sbarca a Terracina per organizzare la guerriglia a nord. Prima Itri e poi Sora sono liberate ma la controffensiva di un forte esercito giunto da Napoli coglie le poche centinaia di “briganti” proprio a Sora. La forza è diseguale e man mano Fra’ Diavolo e i suoi eroi stanno per essere accerchiati. Con un impeto meraviglioso Pezza rompe l’aggiramento e scompare come uno spettro tra i boschi. La fama di Fra’ Diavolo che continuava a beffeggiare i reparti francesi, si diffonde ancora più radiosa per tutta Europa e il ridicolo scende anche sull’imperatore a Parigi. Un suo crudo dispaccio impone nuovamente al fratello a Napoli di far cessare in qualsiasi modo l’opera del “brigante” Pezza che rischiava di far sollevare anche gli altri sventurati popoli oppressi dalla Francia. E’ tanta  l’angoscia di Giuseppe Bonaparte che invia in Francia una falsa comunicazione attestante l’impiccagione a Palermo di Fra’ Diavolo per mano dei Borbone! La successiva vergogna gli fa venire un’idea più efficace. Sapeva di un ufficiale distintosi per atrocità nel genocidio dei Vandeani contro-rivoluzionari, tale Léopold-Sigismond Hugo. Lo chiama a Napoli affidandogli il comando supremo contro Fra’ Diavolo. Tutte le riserve escono così da Napoli, assieme ad un nugolo di uomini ancora più pericolosi, le spie di Saliceti, per farla finita con questo mitico eroe. Il gen. Hugo (padre del celebre scrittore Victor con lui in Italia)  raduna tutte le altre forze in zona: oltre 20 mila soldati cercano un solo uomo!

Michele genialmente fraziona la sua forte banda in tanti gruppetti assegnando ad ogni capo il suo nome in modo che alle spie di Saliceti Fra’ Diavolo risulta essere contemporaneamente in più luoghi e quindi introvabile! In quell’autunno del 1806 il vero Michele Pezza entra in contatto a Vinchiaturo con Hugo. La battaglia è cruenta, sul fiume Biferno nella valle di Boiano, e finisce corpo a corpo con i Francesi che hanno più morti e Fra’ Diavolo che ripara alla fine verso Benevento. La rabbia estrema non concede pace a Hugo che obbliga i suoi uomini a non fermarsi nemmeno per un’ora. A Montesarchio Michele è avvisato che il nemico è stato capace di tagliargli la strada con la faticosissima scalata di Montevergine. L’impatto è inevitabile e solo il maggior riposo goduto consente agli insorgenti di non essere travolti. I fuggitivi sono pochi e Frà Diavolo pensa di disperdere  questi fedelissimi, sperando di raggiungere il Tirreno e chiedere agli inglesi, che stazionavano sulla costa, un imbarco per Palermo. Si ferma per ristorarsi nel monastero dedicato a S. Maria dell’Incoronata a Sant’Angelo a Scala e la struttura religiosa è per spregio  semidistrutta subito dopo la sua partenza dalle milizie francesi inseguitrici. Tallonato da Hugo, si dirige verso est quando trova sul percorso un inatteso reggimento di cavalleria francese in perlustrazione. Siamo nei pressi di Cervinara. Tra due fuochi i suoi compagni lo fissano speranzosi in uno dei suoi rinomati colpi di genio. E la pensata gli viene! Per evitare l’accerchiamento fatale,  Michele escogita un altro stratagemma per ridicolizzare i Francesi. Dice ai suoi uomini di fingersi Guardie Civiche che hanno catturato due “briganti” qualunque, che sarebbero lui e il suo vice. I cavalieri cadono nel tranello e poco badano a quei due piccoli briganti che attraversano le loro fila per proseguire la ricerca del più grande di tutti. Per maggior scorno, una volta al sicuro tra le rocce, il gruppetto spara verso i soldati facendo segni di derisione. I briganti sono ormai imprendibili tra quegli anfratti e i Francesi si rassegnano alla magra figura, certi che sono stati gabbati solo da mezze calzette. Quando incontrano le forze di Hugo sanno l’amara verità e la caccia continua  con gli inseguitori ancora più furibondi.

Ma le strade sono fortemente presidiate e Michele decide di cercare la costa più vicina per reperire una barca che lo possa portare a Capri e poi verso la Sicilia. Sui monti Lattari entra di nuovo in contatto con il nemico e la sua banda residua veramente è ridotta al minimo. E’ il momento di licenziare gli indomiti superstiti per fare l’ultimo tentativo di fuga via mare. La spossatezza gli fa perdere l’orientamento e seguendo le vie di montagna per sfuggire alla caccia spietata non solo dei soldati ma anche delle Guardie Civiche, allettate dalla grossa taglia pendente sul suo capo, si dirige verso il Principato Citra. C’è la neve ed è anche leggermente ferito per le ultime scaramucce nella fuga. Un pastore ha pietà di lui e lo rifocilla ma, per colmo della sfortuna, alcuni banditi, criminali, cioè autentici briganti lo trovano spogliandolo d’ogni cosa e malmenandolo per il magro bottino. Poi, non avendolo riconosciuto, l’abbandonano sulla neve mezzo morto  nei pressi di Baronissi. In tali tragiche condizioni lo scopre il farmacista Vito Galdi che nel 1799 lo ha apertamente apprezzato. Michele Pezza viene ospitato e rifocillato. Ma i nuovi tempi hanno cambiato in peggio anche il Galdi che era addirittura diventato comandante della guardia nazionale del posto e che, pur non avendo identificato, proditoriamente fa avvisare la forza pubblica che lo arresta. A Salerno è riconosciuto e tradotto a Napoli. Un processo per direttissima lo condanna ineluttabilmente a morte nonostante la pressione degli inglesi che giustamente lo vogliono giudicato come militare e non come brigante, del comandante Hugo che si associa per rispetto e del ministro  Saliceti che compie un estremo tentativo di corromperlo per far cessare la resistenza borbonica nel regno del napoleonide. La  sentenza preordinata è eseguita l’11 novembre a piazza Mercato per “afforcamento” come spettava ai delinquenti abituali.

Se a Napoli moriva un brigante, a Palermo era solennemente celebrato il funerale di un eroe nazionale, soldato e nobile realissimo. Sull’altare della cattedrale, accanto alla bara vuota, campeggia un’iscrizione bellissima: “Affinché io non muoia del tutto; sopravvivi o valore dopo la morte; poiché la gloria impedisce che i forti soccombano: Dica colui che esalta l’onore, la fedeltà e l’arte militare, se a me fu dolce morire per la patria.”

Comincia così la leggenda di Fra’ Diavolo che infiamma ancor più i partigiani nel secondo decennio di occupazione francese ad onta dei suoi aguzzini che speravano di farlo dimenticare per sempre. La sua fama avrà una duplice evoluzione. A carattere locale gioverà a tutto il regno nel presente e, soprattutto con i piemontesi, nel futuro per rimarcare la sacralità e l’orgoglio della resistenza per amore delle Due Sicilie. Tutti i grandi capibriganti, da Crocco a Chiavone, si ispireranno al grande Fra’ Diavolo, inventore della guerriglia e primo  redentore della dignità della moderna Patria. A carattere internazionale peserà decisivamente la scaltrezza britannica che userà Fra’ Diavolo quale fulgido e straordinario esempio di resistenza alla volontà francese di soggiogare l’Europa. Dalla musica alla letteratura Fra’ Diavolo diventerà uno dei personaggi più conosciuti ed ammirati della storia. Naturalmente la benevolenza inglese è indissolubilmente connessa alle loro mire di svilire le ambizioni francesi insidianti la loro leadership nella rivoluzione. Fra’ Diavolo rappresentava  il popolo contro il mostro francese con tutte le conseguenze demagogiche possibili.

Comunicato stampa del 10/11/17 

In occasione del 211˚ anniversario del martirio  del colonnello regio Michele Pezza, duca di Cassano, nome di battaglia FRA DIAVOLO, per mano dei francesi invasori, vi sarà la

II COMMEMORAZIONE DEL PRIMO

BRIGANTE INSORGENTE DI SUA MAESTA’

Sotto l’egida del P2S, un gruppo di associazioni, tra cui NEO BORBONICI ATTIVISTI, IDENTITARIA ALTA TERRA DI LAVORO, ISTITUTO  RICERCA STORICA DELLE DUE SICILIE, sabato 11 novembre 2017 terrà un convegno di studi presso la Chiesa di S. Eligio alle ore 17.30, seguirà la deposizione di una corona di fiori bianco-rossi (colori dei Borbone, dei briganti e insorgenti) sul luogo dell’esecuzione.

Iscritti e simpatizzanti sono invitati a partecipare per ricordare uno dei più grandi eroi delle Due Sicilie, famoso in tutto il mondo, che inventò il cosiddetto “brigantaggio”, lotta popolare per il Trono e per l’Altare dei popoli napolitani e siciliani.

Ufficio Stampa

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/896565760506620/ 

Volantino distribuito in piazza

La II edizione della commemorazione del primo e più grande Brigante di Sua Maestà, insorgente contro la Rivoluzione, è stata effettuata nella piazza che vide il suo martirio con la partecipazione dei patrioti identitari più affezionati e dei residenti finalmente coinvolti. I rappresentanti delle assciazioni organizzatrici Vincenzo Gulì per Neo Borbonici Attivisti, Claudio Saltarelli per Alta Terra di Lavoro, Giancarlo Rinaldi per Ist.Due Sicilie, Giuseppe Serroni per Sedili di Napoli, hanno parlato del personaggio e delle finalità di questi eventi ormai consolidati e da divulgare sempre meglio. Poi tutti in piazza Mercato per onorare Fra Diavolo con una corona di fiori bianco-rossi (colori borbonici) del P2S a nome delle associazioni  partecipanti.

Qualcuno ha l’ardire di inoltrare l’evento…  http://www.gazzettinodelgolfo.it/michele-pezza-a-napoli-per-il-211o-anniversario-della-morte-di-fra-diavolo/

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L’11 novembre 2016 saranno esattamente 210 anni dall’esecuzione del col. Michele Pezza da Itri, “comandante della regia truppa levata in massa”, conosciuto come Fra Diavolo, da parte degli invasori francesi. E’ lui il primo brigante e l’inventore della lotta popolare chiamata brigantaggio. E’ lui il più bello esempio di eroe-brigante che dà il suo sangue per Dio, la Patria e il Re. E’ lui che non è stato mai ricordato e onorato nella piazza che vide la sua morte. Adesso i Napolitani memori lo faranno nel giorno che deve diventare sprone per il loro tanto atteso riscatto.
L’iniziativa nasce sotto l’egida del P2S ed è aperta ad associazioni, gruppi e singoli che amano la propria Terra ancora in schiavitù.

Segue la prima pagina del paragrafo a lui dedicato nel libro di V. Gulì

IL FERRO E IL FUOCO DEL NEMICO ESERCITO FRANCESE

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Filmato dell’evento mai prima realizzato nella capitale delle Due Sicilie