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Il risultato referendario del 4 dicembre 2016 indica due importanti fatti che vanno adeguatamente commentati. Il primo è l’affluenza alle urne che è circa più del 25% del solito. Il secondo è la risposta delle regioni meridionali ben oltre la media nazionale.

L’esito della netta vittoria del NO è questo: SI 40,89% NO 59,11%, votanti 65,47%. Nella cartina sono evidenziate nella varie gradazioni di colore le regioni in cui il NO è andato al di sopra della media. Quasi tutte al sud con punte in Campania e soprattutto nelle isole maggiori.

Considerando la quasi parità tra maggioranza e  opposizione nel parlamento italiano si può serenamente affermare che quel 25% che ha deciso stavolta di votare si è schierato chiaramente per non confermare la proposta governativa. Inoltre, dal colore caricato, si evince che la stragrande maggioranza lo ha fatto al di sotto del Tronto e del Garigliano.

E’ stata questa l’occasione in cui gli scontenti della politica italiana hanno avuto l’opportunità di gridare la loro avversione al governo ma non tanto a quello in carica, altrimenti sarebbe stato solo un fazioso voto di opposizione politica. Avendo gli organizzatori del referendum toccato pesantemente la Costituzione, l’opinione pubblica ha inteso, secondo noi, rifiutare in blocco una serie di statisti che dalla nascita della repubblica hanno lavorato contro quei principi pomposamente enunciati nel 1947.   Mai come adesso appare ridicolo e, diremmo noi, fortemente giacobino l’art.1 che parla di lavoro nello sfacelo occupazionale che stiamo patendo.

Presentando questo referendum già affermammo che gli abitanti negli ex territori duosiciliani non hanno nulla da sperare e da condividere con la nazione italiana e le sue leggi, perennemente “sudicide”. Quindi lungi da noi una difesa della costituzione italiana che non ci può interessare più di tanto. Quel che invece ci preme evidenziare da questo avvenimento elettorale è il montare della rabbia del sud, che fa un decisivo passo di minaccia in avanti contro il potere costituito.

I più che hanno partecipato a questa “avanzata” hanno agito spontaneamente, non possedendo idee chiare sulle cause e sugli effetti. Chi invece, come noi, sta riscoprendo  l’ orgoglio conculcato da 155 anni, sa bene che è necessaria la nostra bandiera p’ ddare ‘nu colore a chesta guerra ch’ pe’ libera’ sta terra mo ce fa murì….

Vincenzo Gulì

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Video che mostrano la fine della pazienza verso i colonizzatori nelle due capitali:

Ha vinto la Democrazia
di Giovanni Maduli
5.12.2016

Il risultato del quesito referendario di ieri, 4 dicembre 2016, segna la vittoria del popolo sull’arroganza; la vittoria di coloro che credono nei valori e nei principi della democrazia e della libertà su coloro che avrebbero voluto imporre scelte di stampo patentemente dittatoriale; la vittoria dei semplici e degli umili sui poteri forti, sulle banche, sulle lobbies, sulle multinazionali. E’ un voto importante, significativo; un voto che dichiara la supremazia dell’interesse comune dei molti su quello dei pochi. E non è cosa da poco. Ma è un voto anche politico che boccia senza pietà le scellerate scelte dei governi, anche illegittimi, che si sono succeduti in questi ultimi anni.
E’ significativo notare come tutte le regioni della nostra vera patria, quella ignominiosamente ed arbitrariamente occupata da oltre 155 anni, oltre alla Sardegna, non solo abbiano votato compatte per il rifiuto della riforma costituzionale, ma si siano piazzate in assoluto ai primi otto posti nella graduatoria per il No. Segno di un malessere profondo che denuncia il rifiuto di una condizione oramai divenuta comunque assolutamente insostenibile. Il fatto che proprio la Sardegna si sia piazzata al primo posto in assoluto contro il vergognoso tentativo di affossare ancor più le già tragiche condizioni in cui versa il popolo meridionale tutto, evidenzia ancor più il malessere di una regione che è stata trattata dallo Stato Italiano, forse più delle altre, come pattumiera d’Italia, come campo di addestramento per la sperimentazione di armi con residui tossici, con spregio e disinteresse, inoltre, per le conseguenze, anche sanitarie, che tali sperimentazioni hanno avuto e hanno per quelle popolazioni. Conseguenze gravi che interessano però anche altre regioni e non è certo un caso che, subito dopo la Sardegna, in opposizione a quanto proposto dal referendum si trovino nell’ordine Sicilia e Campania. Una graduatoria quindi che la dice lunga sullo scontento profondo delle regioni meridionali tutte.
Il voto di questo 4 dicembre 2015 è certo un voto importante, importantissimo, ma non deve tuttavia distoglierci dalla realtà dei fatti: l’Italia ha già comunque perso la sua sovranità a seguito della sottoscrizione di tanti scellerati patti europei. Il voto di ieri sancisce “solamente” che il popolo italiano e meridionale in particolare, non intende avallare quei trattati; significa che li rifiuta, li respinge; ma essi sono tuttavia in vigore e sono quei trattati che determinano le condizioni del nostro popolo. Una vittoria della quale gioire certamente quindi, ma una vittoria che non deve però distoglierci dalla nostra meta finale: l’indipendenza.

SARDEGNA: Sì 27,78% No 72,22%
SICILIA: Sì 28,42% No 71,58%
CAMPANIA: Sì 31,48% No 68,52%
PUGLIA: Sì 32,88% No 67,12%
CALABRIA: Sì 32,98% No 67,02%
BASILICATA: Sì 34,11% No 65,89%
ABRUZZO: Sì 35,68% No 64,32%
MOLISE: Sì 39,22% No 60,72%