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Il mondo meridionalista è avvolto da una cappa caliginosa che i colonizzatori tengono attiva per evitare di perdere il controllo. Questo spiega la coesistenza di meridionalisti veri e propri (abbastanza moderati) e di quelli che sembrano più determinati come neo borbonici, briganti, duosiciliani, separatisti e indipendentisti territoriali. Alcuni aborrono il tricolore, altri lo tengono stretto. Alcuni vogliono lottare tutti assieme, altri preferiscono pensare solo ai fatti della propria più o meno grande zona. Alcuni peccano di nostalgia considerando solo i documenti, altri si proiettano decisamente al futuro considerando soprattutto i fatti contemporanei.

A tal proposito riportiamo un lucido e intervento di Gianni Maduli da Palermo a difesa delle Due Sicilie e dei duosiciliani, promettendo di continuare questo fondamentale discorso.

Senza nulla togliere ai grandi contributi portati alla cultura meridionale dalle altre regioni meridionali, Calabria, Puglia, Campania etc., credo sia corretto affermare che la Sicilia possa intendersi, per certi versi, come “Madre” di tutto il Sud e che, di conseguenza, tutto il Sud possa definirsi in un certo senso “Sicilia”. Anche perché, come è noto, il Regno di Sicilia si è esteso, per secoli e prescindendo dall’estensione fino alla Tunisia, da Lampedusa all’Abruzzo. Ed è proprio questo che mi sforzo continuamente di far comprendere ai Sicilianisti Puri, intendendo per questi ultimi coloro che invece riconoscono nella sola isola la loro Madre Patria.
E tuttavia credo che all’interno di questa Terra, tralasciando solo per brevità l’importante contributo storico culturale di altre importanti città come Bari, Catania, Messina, Crotone, Melfi, etc., Napoli e Palermo abbiano occupato dei ruoli preponderanti decretando, di fatto, una dualità che, lungi dall’essere rivale, come alcuni opportunisticamente affermano, costituisce invece una delle caratteristiche salienti della Nostra Patria. Caratteristica che invece di essere vista e vissuta come una insanabile controversia, ne costituisce l’essenza e l’humus. Basti ricordare che, ad esempio, sul prospetto del Palazzo Reale di Napoli campeggiano ancora, fra le altre, le statue di Ruggero il Normanno e di Federico II di Svevia. Se infatti sotto i Normanni Palermo, ma anche altre città insulari, hanno vissuto il loro periodo di massimo splendore, giungendo ad essere una delle maggiori capitali culturali e artistiche mondiali, Napoli lo è stata, sotto i Borbone, nel ‘700 e nell’800. Questi due secoli hanno infatti rappresentato per Napoli il suo risveglio e il suo riscatto. Se fra il 1100 ed il 1300 Palermo ha visto giungere sui suoi lidi grandi cartografi, artisti, letterati, artisti, etc., Napoli ha visto giungere fra il ‘700 e l’800 architetti, ingegneri, medici, musicisti di fama mondiale e da tutta Europa. E questa dualità storica e culturale è stata sottoscritta e valorizzata dai Borbone che riconoscevano ad entrambe le città il rango di capitali. Una dualità quindi non rivale ma semmai complementare. 
D’altro canto è innegabile che la distanza non indifferente fra le due Capitali (nell’800 prima dell’avvento delle navi a vapore ci volevano più di 24 ore per collegare le due città via mare), abbia determinato nel corso dei secoli una certa diversità riscontrabile nelle rispettive lingue, usi e costumi. Attenzione, lingue e costumi diversi ma molto simili. E tuttavia quelle lievi diversità hanno dato e danno origine a modi di vedere, anche culturali, simili eppure diversi. Hanno dato origine a due identità simili, sorelle, ma distinte. Ora, se si fanno proprie le superiori considerazioni e se si tiene conto dello sviluppo altro e diverso che Napoli ha avuto nel corso del ‘700 e dell’800 rispetto a Palermo, non può non convenirsi che quelle differenze, seppure lievi e sorelle, abbiano dato origine ad una identità distinta da quella palermitana e quindi Siciliana in senso geografico. Per questi motivi, seppure, come detto, storicamente tutto il Sud può intendersi come “Sicilia”, non può chiedersi ad un Napolitano (come pure ad un Pugliese o ad un Abruzzese) di doversi sentire Siciliano; non corrisponderebbe al vero: le identità sono simili è vero, ma al tempo stesso diverse. Palermo e la Sicilia insulare ha la sua storia e la sua cultura; Napoli ha le sue, ancorché simili a quelle siciliane. Riconoscere questo dualismo in chiave positiva e complementare è la chiave per superare inutili dualismi e contrapposizioni che certamente non giovano al riscatto dei rispettivi popoli. Per contro, insistere su una rivalità, per altro sconfessata da autorevoli storici di livello mondiale anche stranieri, favorisce solamente quel “Divide et impera” utile solamente a coloro che, oggi come ieri, hanno tutto l’interesse a tenerci divisi. Il Nostro obiettivo deve essere quello di unirci, nel rispetto delle reciproche identità, per combattere quel nemico comune che da oltre 150 anni, profittando anche di questo falso dualismo artatamente costruito, ci tiene ai margini del progresso sociale ed umano.
Poi, sul ruolo che i Borbone ebbero o non ebbero nello sviluppo del Sud, di Palermo e della Sicilia insulare, ognuno può ritenere ciò che crede: i documenti restano testimonianza certa di ciò che avvenne. Chi vuole conoscerli non ha che da cercarli e consultarli. Anche se, va detto, quest’ultimo aspetto non cambia di una virgola le comuni prospettive future che Noi tutti, oggi, siamo chiamati ad esaminare.”