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Grazie all’inoltro del parlamentare duosiciliano Aldo Cianci abbiamo ricevuto una foto scattata dal patriota Duccio Mallamaci al Museo Storico dei Carabinieri a Roma. Essa dimostra una palese ammissione di quanto si dibatte nel mondo filo borbonico sui soldati delle Due Sicilie internati nei lager sabaudi dopo l’invasione: oltre quarantamila uomini!

Recentemente un sedicente professor Barbero ha ridicolizzato gli alti numeri imputati ai carnefici tricolorati attendendosi ai registri del più famoso carcere, quello di Fenestrelle, che mostrano qualche centinaio di “rieducandi” con pochissimi casi di morte naturale. Assai più incisivamente una ventina di anni fa Antonio Pagano aveva pubblicato un elenco, ripreso poi da vari altri (talvolta spacciandolo per novità),  con una cinquantina di morti. Ma niente di più, nonostante che nell’Archivio Storico dell’Esercito di via Lepanto vi siano numerosi dispacci che parlano di prigionieri caricati sulle navi nel meridione per la deportazione nel settentrione con numeri di diverse migliaia.

Da quando la storia è diventata ideologica, cioè nella funesta era post-rivoluzionaria, non è più agevole destreggiarsi con obiettività. Per ogni evento c’è infatti una caterva di pubblicazioni, per lo più di nomi altisonanti, che hanno un duplice scopo: intimidire i ricercatori non conformisti togliendo loro visibilità, spianare la strada agli altri per ribadire quanto già detto fornendo la massima divulgazione. Lo strumento più potente utilizzato è quello di pretendere dagli aspiranti revisori prove inconfutabili. Ciò è palesemente perfido per due motivi, questi sì inconfutabili. Il primo concerne il fatto che ogni criminale cerca di cancellare le prove del suo misfatto; figurarsi se il reo è lo stato stesso con il suo potere d’imperio. Il secondo riguarda la rigorosità documentale richiesta che non è stata mai rispettata dagli storici dell’intellighenzia dalla funesta data del 1789 in poi. Da allora i libri di storia hanno mostrato gravissime incongruenze che nessuno ha potuto sanare.

Ecco perché il periodo risorgimentale non ha fatto in storiografia alcun passo avanti in questi ultimi 154 anni Nell’ultimo trentennio certamente c’è stato un orgoglioso risveglio culturale in merito ma l’intimidazione prosegue incessantemente come dimostra il caso di Barbero. Ormai riteniamo sia venuto finalmente il periodo in cui si applichi la par condicio anche per scrivere la storia. Se quei criminali di guerra dell’Ottocento hanno fatto sparire o tengono ancora nascoste le prove è doveroso indagare in maniera induttiva.

Partiamo allora dalle migliaia di prigionieri spediti a nord in quei tristi anni Sessanta del XIX secolo e scorriamo l’elenco dei lager ufficialmente ammessi: in Piemonte Fenestrelle, S. Maurizio Canavese, Alessandria, S. Mauro, Novara, Lombardore, S. Martino Canavese, Vinadio, Exilles; in Lombardia Milano (al castello sforzesco) e Bergamo; in Emilia Parma, Modena, Bologna; ed ancora Ascoli Piceno, varie isole toscane (Gorgona, Capraia, Elba), località maremmane e Sardegna e altre ancora. Tanto per una squallida eguaglianza tra i “fratelli liberatori” sono citate tutte regioni tosco-padane.Inoltre lamentiamo l’assenza completa di documentazione sul ritorno a casa di questi poveri deportati mandati ufficialmente nei campi per essere rieducati avendo ricusato la fedeltà all’usurpatore Savoia.

Infine viene queste lieta novella del quadro di Fenestrelle al museo di Roma con la targa che recita: dopo la battaglia del Volturno oltre 40.000 prigionieri napoletani furono rinchiusi nella fortezza di Fenestrelle (To). Sicuramente spicca qualche inesattezza ma il numero ammesso è scioccante! Cioè solo dopo la battaglia del Volturno, e per il decennio della guerra del brigantaggio? Qui è stato sterminato un esercito in modo barbaro e dobbiamo noi posteri di quei martiri orgogliosi pretendere le prove contrarie. Il loro silenzio sarà la vera prova che sono colpevoli!

[V.G.]