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La verità su questo lestofante da strapazzo emerge incontrastabile. Da Palermo a Napoli la sua vera personalità spicca sempre più nitidamente dalle bugie risorgimentali che la offuscavano.

Garibaldi processato a Palermo e a Napoli,
accusato di decine di crimini.

Capitolo 1

di Angelo Severino.

Era bello, alto, biondo e con gli occhi azzurri. Era l’Eroe dei due Mondi. Nella primavera del 1955 noi ragazzi passavamo interi pomeriggi a mercanteggiare su Garibaldi, il quale era riuscito persino a raggiungere un valore ufficiale sul mercato pari uno a venti. La figurina mancante, infatti, si scambiava con venti doppioni. L’idea era venuta alla Lampo Edizioni che aveva messo in vendita nelle edicole l’album e le figurine sulla“Vita di Garibaldi”.

Prima del Sessantotto, che ci avrebbe regalato altri dissennati ideali e altri seri danni, noi giovani desideravamo diventare intrepidi come lui era stato. Indossavamo una camicia rossa e… voilà ci trasformavamo in piccoli garibaldini pronti a portare libertà e ricchezza là dove c’era miseria e schiavitù cantando Fratelli d’Italia. Ma, diventati adulti, ci siamo chiesti: di quale libertà e ricchezza, di quale spirito patriottico garibaldino e di quali fratelli d’Italia noi parlavamo se questi “fratelli italiani” ci vennero a massacrare in casa nostra?

Ed è per questo motivo che Garibaldi va riconsiderato e va soprattutto processato per i suoi reati e per le sue malefatte. Poteva poi un finto eroe, com’era appunto Garibaldi, aggredire uno Stato sovrano, com’era appunto il Regno delle Due Sicilie e, calpestando ogni diritto internazionale, sbarcare a Marsala protetto dalla flotta e dal governo britannico?

Di professione faceva il corsaro, fu capo di mercenari e predoni

La storia ufficiale, nel raccontare le leggendarie imprese dei garibaldesi, ha trascurato tuttavia di citare le parole pronunciate dal medesimo Garibaldi a proposito della sua armata, quando il 5 dicembre 1861, a Torino, nell’aula del Parlamento italiano, aveva definito gli stessi suoi garibaldini «tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto».

In Sicilia, oltre ai ventimila soldati piemontesi, nel 1860 sbarcarono anche migliaia di mercenari della peggiore specie reclutati in Inghilterra, Francia, Polonia e altri Paesi europei e non. Approdò inoltre in Sicilia la famigerata legione ungherese che, dopo l’occupazione, verrà impiegata per le repressioni più spietate.

Già a quell’epoca era stato inventato il mito Garibaldi come l’Eroe dei due Mondi, che pur nascondeva un passato tutt’altro che limpido. Giuseppe Mazzini nientemeno lo considerava inaffidabile e Vittorio Emanuele, da parte sua, non aveva gran stima tanto che, scrivendo a Cavour, ebbe a dire: «Come avrete visto, ho liquidato molto rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene, siatene certo, questo personaggio non è affatto docile né così onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio, l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa».

 Fonte: http://www.ora-siciliana.eu/articoli/garibaldi-1/