Visita all’antica fortezza di Civitella del Tronto di NBA e P2S in una giornata ideale con una full immersion nella nostra storia più o meno conosciuta. Tra quest’ultima occorre annoverare l’eroica difesa del 1806 sotto il comando di Matteo Wade di cui accludiamo una succinta narrazioneIMG_0558bis

  Un raro dipinto che ritrae la lotta contro i francesi invasori dell’esercito napoloeonico

MATTEO WADE E L’ASSEDIO DEL 1806

La primavera del 1806 è teatro di un epico avvenimento bellico a Civitella del Tronto.

A Civitella le migliori truppe della Grand Armée sotto il gen. Miollis avevano il 22 gennaio 1806 intimato vanamente la resa cingendo l’assedio. Il comandante principe Matteo Wade, di origine irlandese, pur sentendo che la sua era una causa persa, era perfettamente consapevole che bloccare tanti nemici davanti al forte il più a lungo possibile avrebbe arrecato indubbiamente un vantaggio all’esercito napoletano votato all’ultima battaglia nelle Calabrie, dividendo il nemico.

Nella cittadella si trovavano 323 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa. L’armamento era vetusto e le riserve di munizioni limitate e quelle del cibo bastanti  solo per tre mesi.

La bravura degli artiglieri borbonici molestò talmente le opere di fortificazione e di offesa del nemico che questo solo un mese dopo fu in grado di aprire i terribili bombardamenti.    I civili furono armati e collaborarono attivamente alla resistenza guidati dal cap.Vasches, nativo del luogo.

A marzo il nuovo comandante transalpino Lecchi aveva offerto ancora la resa onorevole ai difensori ottenendo un nuovo rifiuto.

Dal 25 aprile gli assedianti incominciano a tirare sulla rocca con artiglieria più pesante.

Quando i Francesi avvertono la diminuzione progressiva dei  colpi di difesa per la penuria di munizioni dei borbonici, cercano di assalire a più riprese il borgo per arrivare al forte. Ma gli abitanti strenuamente resistono dai contrafforti, protetti dai cannoni della fortezza.

Desiderando di farla finita il più famoso reggimento di granatieri francesi va spavaldamente    all’assalto con molte scale di ferro per superare i costoni rocciosi. E’ una notte di fine di aprile quando scatta l’attacco in silenzio e a sorpresa. Gli abitanti  resistono  nella case e Wade  dà mano forte con delle pattuglie che aiutano i civili. Gli attaccanti si frazionano e si danno al saccheggio e allo stupro. Al far del giorno il Governatore decide di riunire quanti più uomini può e contrattacca veementemente alla baionetta prendendo quasi sempre in minoranza i gruppi di Francesi. I Civitellesi con grande entusiasmo e coraggio sbarrano il passo al nemico. I Francesi sono completamente sbalorditi dai rinforzi che pensavano di aver già impegnato nella notte e dall’impeto dei civili. Così   si sbandano e fuggono. Il loro colonnello comandante tenta fuori la città di ricompattarli per rispondere all’incalzare dei Napoletani ma cade sotto i colpi nemici. I Francesi sono in rotta.

Alla  ripresa dell’ assedio Wade mette in salvo tutti coloro che non potevano o volevano combattere per resistere ad oltranza, stante la penuria di qualsiasi mezzo di difesa.

In tal modo a metà maggio solo una quarantina di uomini validi presidiano la fortezza. Ma il nemico non si era accorto di nulla perché quelli che avevano lasciato il forte lo avevano fatto con molta circospezione anche per la perfetta conoscenza della zona. Wade contava assai sull’equivoco che i Francesi giudicavano molto numerosa la guarnigione per protrarre la resistenza. Perciò di giorno faceva spesso cambiare di divisa di vari reggimenti i pochi difensori per farli apparire nei cannocchiali transalpini sempre diversi e quindi tanti di più.

Il 21 maggio i Francesi, incapaci di tollerare oltre la beffa di non riuscire a prendere dopo oltre quattro mesi la cittadella subendo gravissime perdite (circa 700 morti), sferrano un poderoso assalto. Esso investe il borgo in maniera irresistibile e l’immenso valore dei difensori non basta a fermarli.   Il disastro che si vedeva dalla roccaforte era terribile con i Francesi che avanzavano seminando rovine e dava tormento al comandante che pensava contemporaneamente alla mancanza di uomini e mezzi nel castello.   Wade per l’imminenza della caduta del forte data l’occupazione del borgo, espone il rischio di essere passati per le armi dagli stranieri furenti per la troppa lunga attesa e per i tanti morti patiti, nonché per la vergogna di aver assediato a migliaia quaranta soldati. Meglio sarebbe stato morire da eroi minando la rocca e assalendo all’arma bianca il nemico per portarlo assieme ai difensori nella morte. Si conviene di tentare di ottenere onorevoli condizioni di resa e, solo dopo l’eventuale fallimento nei negoziati, attuare il glorioso epilogo escogitato dal Governatore. L’ufficiale Pardi  è incaricato di trattare con i Francesi che, memori delle brutte figure passate e ignari della reale consistenza della difesa, concedono l’onore delle armi agli assediati ed il loro trasferimento in Sicilia presso la corte del loro Re Ferdinando.

Il 22 maggio escono dalla porta del castello Wade con 8 ufficiali, 10 soldati ed 11 artiglieri. Solo trenta uomini afflitti e stanchi ma impettiti per aver fatto sino in fondo il loro dovere verso la Patria. Avanzava anche un vecchio soldato che portava la bandiera borbonica facendosi condurre da un altro.

La rabbia degli oltre 4000 francesi tocca l’apice quando, oltre a costatare l’esiguo numero di combattenti che li aveva inchiodati per tanto tempo e a così caro prezzo, vede che il vessillo della cittadella (che secondo gli accordi doveva essere consegnato) è portato da un cieco affinché non veda il ghigno del vincitore nel catturare la bandiera dei vinti….

Il comandante francese gen.Frégeville chiede a Wade dove siano gli altri difensori e, sentendo la risposta, monta su tutte le furie stracciando il protocollo di resa e tacciando il Governatore di “brigante”. Comportandosi poi lui da vero brigante, fa arrestare tutti i Regi. Essi sono trattati indegnamente e deportati all’estero. La vicenda di Civitella rimarrà per sempre tra le più belle pagine di storia borbonica.