La storia di questa malnata nazione italiana presenta delle tendenze di fondo che possono sfuggire a chi ha occasione di distrarsi. Tali occasioni sono, ad esempio, alcuni provvedimenti istituzionali e, soprattutto, i commenti ad arte dei mass media di regime che funzionano come una sorta di specchietto che alletta le stolide allodole per farle avvicinare al solo scopo di colpirle. Stiamo naturalmente parlando del federalismo che per essere un’invenzione senza radici (come la Padania) che proviene dal Nord dovrebbe già porre in serio allarme ogni acuto meridionale. Invece le sirene mediatiche cercano pervicacemente di indorare la pillola, far luccicare i suoi presunti effetti positivi per il Sud, dare voce specialmente a qualche miope trombone nato al di sotto del Garigliano: stanno perfettamente allestendo lo specchietto per rovinarci, stavolta definitivamente.

Nell’ultimo esiziale terzo dell’Ottocento fu lo specchietto dell’assoluta necessità di unificare l’Italia: morti, saccheggi, miseria ed emigrazione per il Sud.

Nei primi decenni del Novecento fu lo specchietto della fortuna all’estero e dell’odio contro l’Austria: milioni di emigrati e caduti in guerra spariscono provenendo dal Sud.

Fu poi lo specchietto fascista ad attirare le allodole meridionali per cambiare le cose: ancora carne da macello in guerre coloniali e mondiali, miseria ed emigrazione per il Sud.

Nel II dopoguerra  fu lo specchietto della repubblica ad alimentare l’ardore di rinnovamento: nessun cambiamento nelle due Italie con problemi e risorse inconciliabili.

Con l’avvento della repubblica (tautologicamente democratica e quindi in teoria ampiamente rappresentativa) il Sud era stremato da 80 anni di politica coerentemente antimeridionale e quindi facilmente  vulnerabile per ulteriori devastazioni economiche. Ciò sembra una contraddizione ma non lo è. La costante politica avversa fa perdere l’identità e la memoria a un popolo oppresso che finisce per non essere in grado nemmeno di riconoscere la sua schiavitù, perciò ancor più vulnerabile. Le doti ataviche generano rimedi imprevedibili che consentono talvolta ai discendenti dei popoli forti di limitare anche sensibilmente i danni dell’oppressore, perciò esso può escogitare altre devastazioni economiche…

Basterebbe elencare il casato di famiglie che raccolsero i benefici risorgimentali per costatare la loro sopravvivenza nel Fascismo, nella I repubblica e ai giorni nostri per rendersi conto di quale filo rosso leghi il passato, il presente ed il futuro programmato per il definitivo funerale del Sud. Tali famiglie sono il potere che possiamo definire “risorgimentalistico”.

L’unità giuridica dello stato di diritto repubblicano, nato centralista come il suo predecessore, ha prodotto naturalmente una redistribuzione di risorse alle periferie essenzialmente quantitativa. Ciò ha imposto una solidarietà tra le parti d’Italia che ha svantaggiato gli oppressori, inibiti a reagire immediatamente dalle ragioni elettorali e di ordine pubblico.  Una delle prime grosse riforme del dopoguerra fu l’istituzione degli enti regionali, altro specchietto che faceva balenare la speranza di autonomia locale. La maxiriforma che voleva il potere risorgimentalistico per incidere sulla solidarietà nazionale è stata la Comunità Europea. Con tale formidabile specchietto sono stati presi provvedimenti a raffica in tutti i campi per colpire senza responsabilità elettorali interne e, spesso, con il  parere sfavorevole (perché virtuale) dell’Italia inesorabilmente il Sud. Basti citare i vincoli nel bilancio statale, i dettami della Banca europea, il contingentamento delle produzioni agricole per capire di che stiamo parlando. Il successivo specchietto è stata la devolution voluta dalla Lega che porta a decentrare poteri e risorse che lo stato centrale non vuole più gestire per il semplice motivo che non vuole più ripartirli equamente. Chi non ha sotto gli occhi le diverse infrastrutture locali per sanità, scuola, sport?

Il federalismo è l’ultimo specchietto che affosserà le ultime risorse meridionali, cancellando per sempre le nostre possibilità di ripresa. I giudizi positivi che scaturiscono dalla destra alla sinistra sanno di consociativismo assai pericoloso perché causa di confusione e distrazione per i Meridionali.

Il federalismo fiscale è naturalmente il primo perché tende a rastrellare moneta dal Sud al Nord, nel senso che gli acquisti con denaro del Sud di prodotti e servizi creati a Nord non solo portano ad impinguare i redditi delle imprese settentrionali ma stanno pian piano spostando anche il prelievo erariale sulla produzione esclusivamente agli enti territoriali settentrionali.

Già sono in atto altri federalismi come quello finanziario (maggiorazione per il Sud dei  tassi bancari o dei premi assicurativi con il pretesto del rischio criminalità) o quello del lavoro (come  la consistenza del precariato o della chiusura di aziende) e tanti altri seguiranno da quello costituzionale (che istituzionalizzerà i due pesi e le due misure nelle due Italie) a quello salariale (con l’attacco ai contratti collettivi di lavoro).

Guardare quindi i conclamati aspetti positivi del federalismo (finalmente farete da soli!) e non approfondire i suoi preponderanti lati esiziali vuol dire scavarci la fossa definitivamente.  L’Italia unita è anche nostra per quanto ci hanno fatto pagare per costituirla (danni risorgimentali), per difenderla (guerre mondiali) e per farla crescere (mercato delle braccia e dei cervelli) . Ora non possiamo gratuitamente devolverla a quelli del Nord, addirittura (come si vede sui giornali da parte dei politici di sempre) con il sorriso sulle labbra!

 

Vincenzo Gulì