Alcune riflessioni sullo scandalo di qualche tempo fa nel calcio italiano.

La squadra più titolata delle seria A,la Juventusdi Torino, è inquisita e condannata con i suoi dirigenti e giocatori per aver fraudolentemente condizionato l’esito almeno degli ultimi tornei in cui ha vinto a mani basse.La Juventus ha vinto più scudetti di tutti contro gli appena  3 della Roma o i 2 di Napoli e Fiorentina. Considerando che le vittorie del Napoli  sono abbastanza recenti, nessuna squadra del Sud era stata mai capace di primeggiare nello sport più popolare; in tal modo tantissimi appassionati meridionali (magari incentivati dal triste fatto di emigrare a Nord spesso proprio a Torino) hanno deciso di “tifare” Juventus pur non essendo piemontesi ma nativi di Bari, Cosenza o Catania. E’ un fatto che la stragrande maggioranza dei seguaci bianconeri è meridionale. Ognuno di loro si è un po’ vergognato di essere originario di città non rappresentate o solo sopravviventi (spesso per un solo anno) in serie A ed ha rivolto la sua passione sportiva verso quella Juventus che quasi sempre accontenta i suoi sostenitori con primati e successi tanto numerosi da sembrare di un altro livello, magici, irresistibili, entusiasmanti.  E da questa scelta venivano lodi continue  a dirigenti ed atleti bianconeri e critiche feroci alle squadre e ai tifosi  dei luoghi di origine.  Da un lato la super squadra,la Juventus, dall’altro le “squadrette” : Napoli, Palermo, Bari, Messina, Lecce e così via.

A un neo borbonico viene spontaneo un paragone. Non c’è forse un super eroe che compì,  a metà Ottocento, atti di valore “di un altro livello, magici, irresistibili, entusiasmanti”? E la cronaca delle sue gesta non affascinò forse tantissimi meridionali che incominciarono (con i loro discendenti) ad odiare i “dirigenti” (governativi) ed i “giocatori” (soldati) delle proprie terre e ad osannare “mille” prodi che sbaragliarono centomila “inetti” borbonici nella conquista del Sud?

Comela Juventusvinceva per gli imbrogli dei suoi dirigenti, corrompendo arbitri e condizionando avversari, stampa  ed organi di sorveglianza, così Garibaldi vinse con imbrogli dei suoi mandanti (i Savoia) e corruzioni nei confronti di generali borbonici affiliati alla setta, di giornali ed di libri editi dalla massoneria, e con la compiacenza degli altri stati da essa stessa irretiti.

Finalmentela Provvidenzaconsente che nei giorni che viviamo questi due grossi falsi miti stiano per essere smontati. Ma, l’abitudine al leggendario, la bellezza della leggenda stessa, l’istinto di conservazione (anche dei vizi) non permette risultati rapidi. Proprio i meridionali che tifano per le squadre del nord saono quelli meno intaccati dalle vicende giudiziarie sul calcio.

Quante volte, nei convegni, abbiamo trovato ottusi ed ostinati  difensori di Garibaldi e del Risorgimento specialmente a Sud?

Il confronto (Risorgimento-Juventus o Garibaldi-Moggi)non è né esagerato né improprio perché il giuoco del calcio è oggi l’unico esempio di aggregazione di grandi masse attorno a simboli sportivi tanto più tenaci quanto più apparentemente slegati da motivazioni politiche o sociali. In tali adunanze si manifestano sentimenti archetipici non filtrati da alcuna coscienza di circostanza e quindi capaci  di mostrare la vera indole di un popolo. Per adesso  “godiamoci” questa caduta degli dei juventini e la risurrezione del Napoli. Perché non meditare sull’esperienza fatta ai tempi aurei di Maradona quando tanti meridionali incominciarono (non solo in Campania) a sostenere le maglie azzurre al posto di quelle di Juve, Milan ed Inter?

 

Il sanfedista