A 424 anni di distanza ricordiamo un avvenimento snodale  della nostra civiltà.

Il figlio di Carlo V, Filippo II si trovò a difendere l’impero dal revancismo francese e dalle ambizioni inglesi. Se la battaglia di S. Quintino (10 agosto 1557) lo fece prevalere sulla Francia senza comunque debellarla completamente, i rapporti con l’Inghilterra erano molto più delicati a causa della Riforma. Dopo aver tentato invano di allearsi con gli Inglesi sposando in seconde nozze la regina cattolica Maria Tudor, la morte della moglie lo riportò in Spagna.  La discendente principale, Maria Stuart, era in competizione con Elisabetta per il trono di Londra. Filippo appoggiò apertamente la cattolica Maria che però compì il fatale errore di fidarsi della cugina che la chiuse nella torre di Londra,  divenendo incontrastata regina d’Inghilterra.

Dopo il lungo ed infruttuoso tentativo di accordarsi con gli Inglesi, che lo sfidavano anche apertamente mediante la pirateria di Francio Drake, Filippo II si persuase ad attaccare l’isola britannica per riaffermare l’antica supremazia iberica.

Nel 1585 scoppiarono ufficialmente le ostilità tra le due potenze. Le prime battaglie si svolsero soprattutto nelle colonie americane. Per infliggere il colpo decisivo la Spagna contava molto sull’esercito delle Fiandre, ma una grande rivolta fomentata e sovvenzionata dagli inglesi ne aveva decurtato sensibilmente le province con la creazione dell’Olanda protestante. Nel 1587, quello che rimaneva, era al comando di Alessandro Farnese ma con i territori confinanti ostili e bellicosi. La situazione volgeva sempre più a favore di Elisabetta I e Filippo II fece l’ultimo tentativo di destabilizzarla cercando di liberare la pretendente legittima Maria. La regina fu spietata e tempestiva condannando alla decapitazione Maria la Cattolica. Agli Spagnoli non rimaneva che  lo sforzo finale e totale  : invadere l’Inghilterra e costringerla alla pace.

Ambedue le nazioni si prepararono in fretta ed intensamente. La strategia spagnola, affidata all’esperto Alvaro di Bazán, marchese di Santa Cruz mirava ad invadere la Manica da ovest costeggiando la Francia per consentire l’imbarco dell’esercito del duca di Parma che doveva puntare velocemente su Londra per la vittoria, scortato da una squadra mentre il grosso avrebbe dato battaglia all’Home fleet con navi cariche di fanti adatti all’arrembaggio, come era costume della guerra sui mari. La strategia inglese puntava su navi più leggere e più potenti nel fuoco a distanza, accantonando il solito arrembaggio ed affidandosi, come deciso da tempo, a comandanti di nessun scrupolo ed onore come i famigerati corsari  John Hawkins e Francis Drake. Quest’ultimo ebbe l’incarico di tormentare, in tutti i mesi precedenti la battaglia finale, i porti e le rotte iberiche con attacchi a tradimento e a sorpresa.

Quando già erano pronti i piani di guerra mancò improvvisamente il Santa Cruz ed il comando supremo passò ad un fedelissimo ma non troppo esperto ammiraglio: Alonso de Guzman, Duca di Medina Simonia.

Nonostante fosse chiamato il “re prudente”, Filippo era convinto della superiore potenza iberica ed il 20 maggio 1588 un’immensa flotta di 130 navi salpò da Lisbona ove si respirava quasi un’aria di “crociata” cattolica contro gli eretici anglicani.

L’Inghilterra schierava in partenza 47 navi con a capo l’ammiraglio lord Charles Howard che ordinò il blocco delle Fiandre per tagliare le comunicazioni imperiali.

Sin dalla partenza un tempo assai sfavorevole seguì l’Armada che fu costretta a rifugiarsi a La Coruña. L’inflessibilità del re la fece ripartire.

La corrente del Golfo, normale per gli indigeni, ma poco conosciuta agli altri, deviò la flotta imperiale interamente  e solo alla fine di luglio le migliaia di vele iberiche entrarono nella Manica presso Plymouth dove gli Inglesi attaccarono un’ala del grande arco di navi nemiche, evitando l’arrembaggio e dileguandosi per non essere accerchiati. Era la tattica giusta per difendere l’isola. Così il 2 agosto presso la penisola di Portland avvenne il secondo evento bellico dello stesso tipo del precedente con molestia sulle ali e rifiuto dello scontro diretto. Era venuto il momento dell’appuntamento con le truppe di invasione previste in attesa tra Dunkerque e Calais. Ma l’insufficienza delle comunicazioni e l’azione continua dei ribelli olandesi aveva ritardato fortemente la concentrazione dell’esercito del Farnese, bloccando addirittura a Bruges via mare le imbarcazioni con i soldati raccolti.

Da notare che mentre gli inglesi trovavano facilmente appoggi di ogni genere sia in patria che in Olanda, gli spagnoli non furono aiutati nemmeno dai francesi che pure non erano certo a favore del loro nemico (un po’ come a Lepanto).

L’8 agosto, nei pressi del villaggio belga di Gravelines, mentre la flotta spagnola cercava l’esercito delle Fiandre, in un tratto di mare poco profondo e quindi pericoloso, diverse navi incendiarie furono scagliate contro di essa, favorite dalla corrente. Le navi inglesi, quasi raddoppiate e più manovrabili,  si lanciarono con grande determinazione all’attacco contando sulla maggiore potenza e frequenza di tiro dei cannoni. La giornata si chiuse con parecchie perdite iberiche ma non determinanti per il grande valore e la stoica resistenza dei marinai spagnoli e del duca di Medina Simonia.  Determinante fu invece una terribile tempesta di vento che la sera del 29 aqosto investi l’Armada spingendola irresistibilmente verso il largo, verso i banchi di Zelanda. L’enorme forza eolica stava portando le navi ingovernabili, compresa l’ammiraglia, contro gli scogli per una morte sicura. A bordo si prepararono per il peggio chiedendo ai preti l’estrema assoluzione. Solo per un attimo il vento prodigiosamente rallentò permettendo a tutti di allontanarsi; poi riprese più furente di prima spingendo verso il Mare del Nord.

Il duca di Medina riunì i comandanti e decise di riaffrontare gli inglesi se il maltempo cessava o di circumnavigare le due grandi isole britanniche se proseguiva la bufera. Furono costretti a scegliere la seconda soluzione proprio mentre il nemico era terrorizzato perché erano finite le munizioni dei suoi moderni cannoni…

Il clima infido delle coste irlandesi e scozzesi scatenò senza sosta sull’Armada il mare ed il cielo proprio mentre le insidiose scogliere delle due sponde del Mare del Nord facevano il resto del danno. Se 1/5 della flotta era perso nelle battaglie, il doppio fu eliminato dalle tremende condizioni locali. L’invasione era totalmente fallita.  Ma la flotta spagnola dovette subire lo scacco non per merito inglese, quindi poteva ancora chiamarsi orgogliosamente Invencible Armada.

I naufraghi che toccarono terra in Irlanda avevano la segreta speranza di essere aiutati dai locali, cattolici come loro. La delusione fu grande perché si scatenò sotto la direzione degli Inglesi una vera caccia allo spagnolo con orrende stragi (circa i 6/7 degli scampati alle onde fu ucciso). Ci fu qualche eccezione come la magnanimità del capitano Christopher Carlisle che aiutò parecchi prigionieri, facendoli anche fuggire in Scozia prima della prevista esecuzione. Da ricordare la rocambolesca fuga verso la libertà del cap. Francisco de Cuéllar sovvenuto da un nobile irlandese nemico dei padroni anglosassoni, Bryan O’Rourke che poi pagherà con un’atroce condanna a morte la pietà verso i correligionari. Un altro nobile, Mac Glanahie, aiutò naufraghi imperiali e fu spogliato poi di tutti i beni da Elisabetta I; finì i suoi giorni ospite dei suoi fratelli spagnoli.

Non diversamente andò per quelli che la sventura portò in Scozia, dove il re cattolico Giacomo non ebbe pietà di loro.

L’imperatore Filippo II non si sgomentò per la sconfitta ma progettò altre invasioni mentre le conseguenze del disastro bellico cambiavano il panorama internazionale: i pirati al soldo inglese depredavano le ricchezze americane,la Francia si ridestava vedendola Spagna in difficoltà, gli Olandesi prendevano credito e denaro, gli Inglesi stavano diventando la prima potenza navale, i Portoghesi (fomentati da Londra) si accingevano a separarsi da Madrid.

Ciò nonostante la caparbietà del sovrano spagnolo nel 1596 mandò un’altra grande flotta ad invadere l’Irlanda e furono di nuovo le avverse condizioni climatiche a danneggiarla e fermala. Similmente accadde l’anno dopo.

Poi morirono prima Filippo e pochi anni dopo Elisabetta, Spagna ed Inghilterra non furono più in guerra aperta, perché tutto congiurava per far affondare la prima e primeggiare la seconda in tempo di pace…

 Il Sanfedista