13 FEBBRAIO 1861

Per non dimenticare

159 anni fa il 13 febbraio terminava l’ultimo atto del regno indipendente che da oltre sette secoli esisteva unito, dal Tronto e da Gaeta alle punte estreme della Sicilia. Senza dichiarazione di guerra il regno di Piemonte aveva invaso a tradimento quello delle Due Sicilie sotto la regia evidente dell’Inghilterra, superpotenza del tempo. L’ultimo re di Napoli Francesco II di Borbone era troppo ossequioso del diritto internazionale e volle opporre più diplomazia che forza ai barbari calati dal nord. Preferì lasciare la capitale, fare una battaglia solo dimostrativa al Volturno e poi arroccarsi a fine 1860 nella fortezza di Gaeta in attesa dell’intervento delle corti europee. Ma gli equilibri mondiali erano cambiati e nessuno mosse un dito per aiutare Napoli.

Cominciò allora l’assedio di Gaeta che per quasi quattro mesi vide oltre ventimila uomini stipati in ogni dove a cui bisognava aggiungere gli abitanti del borgo che circondava il castello rimasti in quasi due mila.

Un esercito nemico numeroso più del doppio ed armato con i moderni cannoni rigati e a massima gittata, bersagliarono ogni giorno gli assediati che rispondevano al fuoco con pezzi antiquati per efficienza e lunghezza di tiro.

Sugli spalti di Gaeta si sprigiona tutto il coraggio, l’eroismo e il patriottismo dei soldati duosiciliani che non sorprendeva affatto. Sorprendente fu invece il comportamento simile dei due giovani sovrani Francesco e Maria Sofia, di 24 e 18 anni. L’ardore dei militari accese anche il loro. Ogni giorno sfidavano le cannonate nemiche, confortando e sostenendo i propri soldati. In particolare colpiva l’atteggiamento della regina non solo sprezzante del pericolo ma prontissima a soccorrere i feriti o a dire parole di consolazione ai morituri. I danni maggiori li facevano le bombe che esplodevano sulle rocce di cui era costituita tutta la piazzaforte, generando centinaia di schegge che colpivano dappertutto i difensori. Si racconta che i soldati speravano di ferirsi per essere avvicinati dalla bella regina Maria Sofia.

Da gennaio in poi si intensificarono o bombardamenti senza rispettare le bandiere nere che, come da convenzione internazionale, segnalavano ospedali e altri luoghi da non colpire come chiese o residenze dei sovrani. Anzi i barbari piemontesi si accanivano a sparare sui soccorritori che andavano verso i feriti. Poi dalle mappe dell’Archivio di Stato a Napoli individuarono i depositi di munizioni e presero a mirarli con i mortai facendo grossi danni ai borbonici. All’inizio di febbraio, quando il re decise di interrompere una resistenza ormai vana, mentre si intavolavano trattative, furono intensificati al massimo i cannoneggiamenti fino ad arrivare ad un colpo ogni 6 secondi!

La batteria Transilvania, situata sul mare e quindi nel punto più lontano dagli assedianti fu centrata proprio il 13 febbraio con la firma della capitolazione già posta e causò la morte di ragazzini sedicenni della Nunziatella che servivano ai pezzi.

Il tramonto del giorno 13 fu anche il tramonto del regno delle Due Sicilie. La mattina dopo i reali partiranno per l’esilio, primi emigranti della storia di questa Terra. Per quasi tutti i soldati vi sarà il calvario della deportazione nei campi di concentramento del nord Italia come Fenestrelle, che diventeranno veri e propri lager di pulizia etnica e sterminio. Quante migliaia moriranno lassù? Ecco perché i dati ufficiali che riportano poco più di mille morti tra gli assediati devono essere integrati non solo dai trascinati al nord ma anche dal numero sconosciuto dei civili. Fosse comuni scoperte attorno alla fortezza fanno dedurre occultate fucilazioni di massa.

Noi ogni anno onoreremo questi nostri antenati, martiri per la Patria e desiderosi di rivivere nei nostri cuori con una rinnovata memoria, unica strada per il nostro ineludibile riscatto.

VIVA LE DUE SICLIE! VIVA ‘O RRE! VIVA IL POPOLO SOVRANO!

Vincenzo Gulì

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