AUTONOMIA FISCALE: ULTIMO ATTO?

Se qualcuno s’illude di comprendere ciò che lo circonda permanendo nella sua stanzetta è pura follia. Evidentemente ciò accade tanto di frequente perché non ci si accorge di essere limitati nel raggio visivo. Per analizzare la realtà locale occorrono due condizioni fondamentali: passare alla dimensione più grande possibile e farsi guidare dalla storia.

Troppi oggi blaterano sull’autonomia fiscale che richiedono le regioni più facoltose cadendo in due errori madornali. Si dimentica l’unità nazionale giuridicamente esistente e si studiano solo quadri statistici dei recenti bilanci. In tal modo ognuno crede di stare nel giusto. A nord badano al tesoro che ne deriverebbe da impiegare al meglio nella loro conclamata produttività con sviluppo di tutto il paese,  addirittura delle zone meno redditive. A sud si lamentano per l’ulteriore flusso di denaro rastrellato che affosserebbe vieppiù i loro problemi quotidiani.

Quando ci soccorre la maggior dimensione si staglia nitidamente l’immagine di una nazione che non esiste, semplicemente perché non è mai esistita a causa della sua forzata astrazione dalla realtà millenaria.  Quindi in tutte le latitudini bisognerebbe prendere atto di questa verità ormai inattaccabile, dopo oltre un secolo e mezzo di prove fallite,  con le relative, ancorché spiacevoli, conseguenze logiche.

Quando ci assiste la storia il quadro si chiarisce totalmente. E’ sufficiente collegare lo stato accentratore post-unitario (ricettatore di ricchezze al sud benestante per sovvenire il nord arretrato) a quello che gradualmente è accaduto con lo spostamento inarrestabile, sotto tutti i regimi, della ricchezza da sud a nord (tariffe differenziate, emigrazione coatta, investimenti nord centrici ecc. ecc.) che ha portato al cosiddetto federalismo degli anni Ottanta del Novecento. Tale perfido strumento è nato dopo che l’asse economico era stato definitivamente ribaltato rispetto al secolo precedente. Continuare con uno stato accentratore si sarebbe tradotto ineluttabilmente  in aiuti dal nord ipersviluppato al sud iposviluppato. Ecco la fola del nord che mantiene il sud dopo quasi un secolo in cui è accaduto esattamente il contrario . Ecco pertanto applicato il progetto generico delle autonomie in enti, istituzioni o regioni che di fatto tagliava progressivamente i trasferimenti centrali  in proporzione delle necessità periferiche. Passo dopo passo, dalle catene finanziarie e distributive estranee al meridione a vere e proprie gabbie salariali mascherate da insulsi incentivi, si è eretto un apparato che attanaglia la bassa Italia (come furono subito battezzati i territori depredati qui dai Savoia) crescentemente come una garrota. Senza questo indispensabile processo storico di 158 anni di malaunità si esaminano unicamente i danni supposti dell’attuale autonomia fiscale. In tal modo i favorevoli reticenti sminuiscono i danni derivanti e gli sprovveduti resistenti si accontenterebbero di alleviarli…

Diversi meridionalisti lanciano in tal senso vere e proprie suppliche per addolcire la pillola che ci stanno preparando. E’ come se uno che vanta un credito di un milione, per un’amnesia dolosa,  viene convinto ad esigerne uno di cento, accontentandosi poi di ricevere cinquanta. Già il discutere con gli aguzzini per ottenere qualche briciola del tutto spettante è deprimente. Già il minacciare estremi rimedi quando la voce proviene da ambienti radicalmente integrati nel sistema è utopico. Già si avverte nettissima la sensazione di volersi accontentare di quei cinquanta…

Guai a ridurre l’orizzonte per ignoranza, o peggio, per convenienza!

La posizione del legittimo P2S è di conseguenza recisamente separata da qualsiasi altra perché sappiamo l’ammontare esatto del credito e sappiamo il valore attuale pure dell’oro scippato dai fondatori di questa Italia alle Due Sicilie.

D’altronde anche l’autonomia regionale fiscale, intimamente iniqua, non rappresenta che un’ulteriore stadio di impoverimento del meridione. La matrigna che ci tratta da colonia proseguirà imperturbabile e sotto qualsiasi direzione politica la sua perversa manovra “austrofaga “, ossia dedita a nutrirsi distruggendo il sud.

Non c’è da implorare proroghe o sconti, né da blandire partiti solo nuovi nel nome scelto ad arte. Non c’è da sperare nella resipiscenza degli sconcertati meridionali con conseguente nascita di un partito che faccia realmente i loro conculcatissimi interessi. Non c’è da fidarsi di coloro che tralasciano, volenti o nolenti, quelle due condizioni.

C’è soltanto da constatare che sussiste un’occupazione straniera, illegale e mai sanata, in atto da 158 anni da cui ci si deve liberare per avere un futuro.

La vera autonomia la dà solo l’indipendenza, senza usare termini impropri come secessione perché noi siamo militarmente e illecitamente occupati da un paese straniero (lo stato sabaudo sfociato poi in quello italiano) e giuridicamente non vi apparteniamo. Di conseguenza anche gli aggettivi meridionale e meridionalista sono perdenti oltre che offensivi. Il riferimento deve essere costantemente alle Due Sicilie, dal Tronto e Garigliano sino al capo Lilibeo, e ogni attributo geografico va ad esse correlato. Qui abbiamo usato sud, che è egualmente esecrabile, solo per speditezza di  lettura.

L’indipendenza non bisogna  proporla come novità, essa è stata solo calpestata contro il diritto e contro la volontà dei popoli in quel triste 1861. Quello stato che aveva sostanzialmente quasi sette secoli e mezzo di vita in questo buio periodo ha visto sospesa la sua entità e quindi l’indipendenza. E’ come se le Due Sicilie fossero detenute in un carcere speciale. Da esso si può uscire con l’evasione commettendo un reato  o con la grazia ammettendo la liceità della condanna. Da esso si deve invece uscire perché la causale della pena non sussiste. Nessun evasore e nessun graziato, ma solo uno sventurato finalmente riconosciuto come ingiustamente imprigionato.

Per il quando e il come osserviamo ancora una volta la storia. I suoi sentieri sono imperscrutabili anche se sembrano tratteggiati da maligne intelligenze. Il signore che impera la storia umana non è né il caso, né la potenza massonica attuale. A noi che patiamo per l’amore della terra dei nostri antichi padri spetta soltanto essere pronti, determinati, consapevoli e, soprattutto, senza secondi fini…

V.G.

In attesa di più sostanziosi sviluppi di quanto detto prima aderiamo a una campagna mediatica che nell’attuale Mezzogiorno sta raccogliendo consensi trasversali. Il tutto è connesso al vecchio progetto Compra Sud ma è il momento di riprenderlo per allargarsi nei consumatori meridionali che in maggioranza sono ancora all’oscuro di tutto (ciò che li riguarda da vicinissimo!). Proponiamo un volantino da esporre negli esercizi del sud per attivare la coscienza di gestori e avventori in questa crisi profonda in cui sta cadendo la mostra amata terra. Non è tanto importante drenare soldi ai tosco-padani quanto svegliare dal coma il meridionale che non riesce a capire da dove vengono le continue batoste che gli rendono la vita sempre più difficile. “Depadanizziamo” bar, ristoranti, supermercati, negozi di abbigliamento, di elettrodomestici, di elettronica ecc. ecc. e cominceremo pian piano a riprendere fiato. Lo scopo primario è riuscire a trattenere un nostro figlio nella terra dei suoi padri perché saremo riusciti a creare vicino a lui un nuovo posto di lavoro non acquistando beni e servizi del nord. L’e-commerce  può dare una mano fondamentale collegandoci con i produttori meridionali che le catene distributive nemiche hanno oscurato sul mercato.